Dispersa sub a Como .

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  • M.
    ha risposto
    Originariamente inviato da Gb87 Visualizza il messaggio
    -Se un compagno fa segno che ha finito l´aria, gli va passato il secondo erogatore senza aspettare, si interrompe l´immersione e si comincia a risalire.
    Corretto. In realtà andrebbe passato l'erogatore da cui si sta respirando in quanto se il sub ha veramente finito l'aria ha bisogno di un qualcosa di sicuramente funzionante. Ovviamente dipende dalla configurazione che si ha se consente di far questo. Altrimenti tutto è buono.

    Nel caso in cui si venga in contatto con un sub in difficoltà bisogna aiutarlo per quanto possibile.
    Anche se questo non fa parte del nostro gruppo.
    Per quanto possibile. Giuridicamente non sono configurabili reati se non si fa tranne quanto previsto per l'omissione di soccorso. Se c'è un rifiuto non si può parlare nè di lesioni colpose, nè di omicisio colposo.

    Quindi non mi è chiaro il motivo per cui a Paola non è stata passato l´erogatore di emergenza e in tre non hanno cominciato a risalire lentamente.
    O in due se era possibile. Ovviamente non è chiaro a nessuno tranne a chi non l'ha fatto.

    Se erano in 3 non era possibile alternarsi in modo che Paola non usasse le riserve d´aria solo di uno dei due?
    Certo che sì. Sarebbe stato possibile risalire in due anche con un solo erogatore funzionante.

    lo chiedo con gli occhi di chi non riesce a capire come sia possibile un incidente simil
    Purtroppo accade. Come ad esempio può accadere che su una barca piena di gente qualcuno scenda in acqua e affondi e muoia o altre storie altrettanto incredibili.


    Vedendo quella scena ho subito pensato “a ecco come si fa in caso di emergenza. Uno per lato, lentamente si risale. Ok..non voglio provarlo, ma almeno ho visto come funziona”.
    In caso di emergenza si fa quello che si può fare, dipende da tanti fattori. In una situazione tranquilla di fine aria se il donatore ha una frusta lunga e l'altro è tranqulllo possono anche risalire in orizzontale normalmente.


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  • M.
    ha risposto
    Originariamente inviato da mamma di Paola Visualizza il messaggio
    ma per far capire che non sono l'unica a credere che siano stati commessi degli errori.
    Non credo ci sia qualcuno che possa sostenere che non siano stati commessi, anzi. Ma ciò nonostante non è automatica una condanna penale per omicidio colposo.

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  • Gb87
    ha risposto
    Salve mamma di Paola grazie mille per la disponibilitá. Devo dire che la vicenda di sua figlia mi sta facendo riflettere e non poco

    Grazie mille Italians
    come ho detto più volte io per ora sono arrivata a -18, e mi immergo sempre con un unico buddy, il mio compagno.
    Il fatto di immergermi a quote basse e farlo sempre con la stessa persona ha decisamente dei vantaggi.

    Mi rendo perfettamente conto che gestire un emergenza a -10, -20 o -30 sia completamente diverso rispetto a gestirla a quote ben più importanti, come "gestire" qualcuno che ha 100 tuffi sulle spalle e uno che ne ha 10000 sia anche ben diverso, o qualcuno che è in panico da qualcuno che non lo e`.

    Ripeto, spero di non dovrei mai affrontare un incidente che non sia in grado di gestire.

    Il mare (o il lago) ci insegna ogni volta qualcosa di nuovo su noi stessi e su se stesso e indubbiamente per essere sicuri di tornare su bisogna conosere bene i propri limiti (oltre a quelli dei compagni) e rispettare il luogo in cui si è.

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  • Italians
    ha risposto
    Grazie mille mamma di Paola per la disponibilità



    Ciao Gb87 , provo a risponderti io, per quanto posso:

    Originariamente inviato da Gb87 Visualizza il messaggio
    Ci sono però due cose che non mi sono chiare e per le quali chiedo un chiarimento agli esperiti sub che sono presenti nel forum.

    Io mi considero fresca di brevetto, perché purtroppo riesco a fare poche immersioni ma mi è stato detto che:

    -Se un compagno fa segno che ha finito l´aria, gli va passato il secondo erogatore senza aspettare, si interrompe l´immersione e si comincia a risalire.
    Esatto, la base teorica è questa, per una configurazione "standard". Parliamo di immersioni in curva di sicurezza, senza deco. In questo caso risalita di 10 metri al minuto e si fa la normale sosta di sicurezza a 6 metri.

    Poi ci sono casistiche particolari, che non dovrebbero accadere se l'immersione viene pianificata correttamente, ma non mi sembra il caso di affrontarle qui.




    Quindi non mi è chiaro il motivo per cui a Paola non è stata passato l´erogatore di emergenza e in tre non hanno cominciato a risalire lentamente.

    Se erano in 3 non era possibile alternarsi in modo che Paola non usasse le riserve d´aria solo di uno dei due?
    Purtroppo è una cosa che non sapremo mai. Come detto in precedenza, non mi permetto di giudicare, dato che non conoscevo i tre sub, non ero in acqua con loro, non conosco bene le dinamiche.

    Un'immersione a 6 metri, a 10, è diversa da un'immersione a 30, è diversa da un'immersione a 40 è diversa da un'immersione a 60 metri. L'utilizzo dell'aria è solo uno dei fattori che si può prendere in considerazione (ci sono parametri emotivi, fisici, climatici, etc... Tutti questi parametri cambiano ogni giorno.



    L´ultima volta che mi sono immersa con un gruppo grosso (eravamo a -18) a una signora è finita l´aria (probabilmente manometro difettoso) la guida e il suo buddy la hanno lentamente fatta risalire e riaccompagnata alla barca, mentre noi “pascolavamo” vicino al reef e guardavamo i pescetti.
    Vedendo quella scena ho subito pensato “a ecco come si fa in caso di emergenza. Uno per lato, lentamente si risale. Ok..non voglio provarlo, ma almeno ho visto come funziona”.
    Ora leggendo di questa vicenda mi comincio a fare qualche domanda in più.
    Vale tutto quanto detto sopra.

    Anche a me è capitato, tempo fa (stavo facendo il corso rescue e stavo chiudendo il gruppo) che al mio istruttore andasse in autoerogazione il primario (monobombola/octopus - onestamente non ricordo la profondità, ma sicuramente era sotto i 40 - ).

    Io ero convinto fosse un'esercitazione (il mio istruttore è solito fare finte ed inscenare svenimenti, risalite in panico, etc..tutt'ora lo fa nonostante abbia completato i vari corsi di rito ) e in questo caso abbiamo agito di conseguenza.

    Ho scoperto poi risalendo che non stava fingendo. Ma ad ogni modo gestire un'emergenza a 20/30 è diversa da una a 60. Gestire una persona "esperta" è diverso da gestire un "neofita". Gestire una persona sotto panico (tra l'altro ci sono diversi tipi di panico) è diverso dal gestire una persona tranquilla.


    L'unica cosa che possiamo fare noi sub è:

    - pianificare bene un'immersione
    - conoscere la persona con la quale ci si immerge (non sempre possibile)
    - conoscere l'attrezzatura della persona con la quale ci si immerge
    - conoscere grado ed esperienza della persona con la quale ci si immerge
    - allenarsi costantemente e non fermarsi al mero corso
    - immergersi in sicurezza
    - rispettare le "regole dettate dalla propria didattica"


    E sicuramente la mia lista non è esaustiva (ma devo andare a pranzo )

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  • mamma di Paola
    ha risposto
    Cara Gb87, io non so niente di subacquea ed in attesa che qualche esperto ti risponda, ti anticipo alcuni dettagli. Non sono dettati dal dolore o dalla ricerca morbosa di un colpevole, ma le mie poche conoscenze sono date dalle perizie, dai dati crono-batometrici, dai grafici dei tre sub, dalle loro testimonianze….

    Quando il sub xxx che si trova vicino a Paola nota che è avvolta da bolle commette il primo errore lasciandola per andare a fermare l’altro compagno, che, non accortosi di niente stava continuando la sua discesa...sarebbe stato sufficiente stare vicino a lei e iniziare ad uscire senza il terzo ....In quel momento Paola non era senza aria infatti staziona per un minuto in attesa dei compagni. (questo è la prova che l’erogatore in continua non è il primario) E’ solo in un secondo tempo, che,( xxx ritornando indietro si ritrova ancora alla stessa profondità di Paola), avviene la chiusura del rubinetto perché si nota che a quel punto Paola inizia una rapida risalita.. dove incontra il sub che era stato allertato....questi le passa il suo erogatore di riserva dopo che lei gli fa il segno di essere senza aria...Non si sa perché lei non riesce a riceverla...a detta di un medico legale è perché lei aveva già ingerito acqua...a quel punto non bisognava fermare la sua risalita ma agevolarla sganciando i pesi o gonfiando il Gav (ma il compagno ne era sprovvisto). Quindi secondo me:

    1°errore sub yyy: perdere il controllo visivo dei compagni

    2°errore sub xxx: non essere rimasto vicino a Paola, passarle l’erogatore di riserva e iniziare una risalita.

    3°errore sub xxx: chiudere il rubinetto sbagliato. ( se non ci fosse stata questa operazione, Paola avrebbe potuto respirare autonomamente sino al momento in cui incontra yyy, quando, secondo quanto riferito da lui stesso, il sistema di Paola perdeva ancora abbondantemente.

    4°errore sub yyy: non sganciare la zavorra di Paola e non avere il GAV.

    P: il fatto che non ci sia stata condanna non significa che non siano stati commessi errori, infatti il Giudice in sentenza scrive:

    Come si è già detto, molto probabilmente, per errore, nel tentativo di intercettare la perdita d’aria, è stato chiuso il rubinetto dell’erogatore che la NARDINI stava utilizzando. Questo è uno dei ritenuti, e possibili, errori commessi nella drammatica fase di soccorso……..

    …….Tutte queste eventuali condotte colpose, tuttavia, non essendo configurabile in capo agli imputati una posizione di garanzia, non possono fondare una loro responsabilità a titolo di omicidio colposo….

    …possono esserci state delle colpe (manovre errate), ma le stesse sono state commesse nutrendo la speranza di portare in superficie la povera Paola.


    Spero di esserti stata un po' utile....

    Ho riportato le parole del Giudice non per entrare negli aspetti legali ma per far capire che non sono l'unica a credere che siano stati commessi degli errori.
    Ultima modifica di mamma di Paola; 10-05-2019, 15:59.

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  • Gb87
    ha risposto
    Salve a tutti,
    Ogni volta che leggo e rileggo questo post finisco per riflettere per bene sia su come sia stata fatta l´immersione (di cui non ho alcuna esperienza, quindi posso solo immaginare), sia di come si debba essere sentita Paola in quegli ultimi momenti con la bombola vuota. E vi garantisco che questo ultimo pensiero mi dà i brividi. 26 metri in fondo a un lago e senza aria o aiuto.

    Ci sono però due cose che non mi sono chiare e per le quali chiedo un chiarimento agli esperiti sub che sono presenti nel forum.

    Io mi considero fresca di brevetto, perché purtroppo riesco a fare poche immersioni ma mi è stato detto che:

    -Se un compagno fa segno che ha finito l´aria, gli va passato il secondo erogatore senza aspettare, si interrompe l´immersione e si comincia a risalire.

    -Nel caso in cui si venga in contatto con un sub in difficoltà bisogna aiutarlo per quanto possibile.
    Anche se questo non fa parte del nostro gruppo.

    Quindi non mi è chiaro il motivo per cui a Paola non è stata passato l´erogatore di emergenza e in tre non hanno cominciato a risalire lentamente.

    Se erano in 3 non era possibile alternarsi in modo che Paola non usasse le riserve d´aria solo di uno dei due?

    Ripeto, lo chiedo con gli occhi di chi non riesce a capire come sia possibile un incidente simile.

    L´ultima volta che mi sono immersa con un gruppo grosso (eravamo a -18) a una signora è finita l´aria (probabilmente manometro difettoso) la guida e il suo buddy la hanno lentamente fatta risalire e riaccompagnata alla barca, mentre noi “pascolavamo” vicino al reef e guardavamo i pescetti.
    Vedendo quella scena ho subito pensato “a ecco come si fa in caso di emergenza. Uno per lato, lentamente si risale. Ok..non voglio provarlo, ma almeno ho visto come funziona”.
    Ora leggendo di questa vicenda mi comincio a fare qualche domanda in più.

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  • Mercurio90
    ha risposto
    Originariamente inviato da mamma di Paola Visualizza il messaggio
    Buonasera, grazie per le condoglianze.

    Non ho nessuna competenza in materia ma nella relazione tecnica ho letto che;

    Equipaggiamento Paola: muta stagna con guanti e calzari, GAV (giubbotto ad assetto variabile) monobombola da 15 litri, computer Suunto Vyper .

    Equipaggiamento xxxx (il sub che si trovava vicino a Paola nel momento dell’emergenza ): muta stagna con guanti e calzari, GAV, monobombola da 18 litri, computer Uwatec Aladin.

    Equipaggiamento yyy (il sub che interviene in secondo tempo, quando Paola stava riemergendo); muta stagna con guanti e calzari, monobombola da 15 litri, computer Suunto Vyper
    ..
    P.S. Paola, monobombola con biattacco e 2 primi stadi separati, zavorra di 5 kg. Gli altri sub non lo so.
    Diciamo che quel tuffo andava fatto con bibombola da 10+10, quindi 2 bombole collegate al centro da un rubinetto, detto manifold, quindi nel momento che un erogatore andava in erogazione continua bastava chiudere velocemente il collegamento centrale e metà dell'aria sulla schiena di sua figlia era tranquillamente a disposizione bastava solo cambiare erogatore, pratica semplice e consolidata dai primi brevetti. Intervenendo su un mono bombola invece, è facilissimo chiudere il rubinetto sbagliato, o chiuderlo troppo tardi quando già la bombola era vuota. Come le ho già scritto qualche giorno fà, l'errore immane è stato fatto nell'iniziare l'immersione.

    Poi naturalmente è facile parlare da casa, ma anche più facile predicare bene e razzolare male, io sono il primo che è sceso a 50 mt con un 15 litri e un solo erogatore. Sinceramente le dico che sto pensando e ripensando tutti i giorni alla fine tragica di Paola. Nelle ultime due immersioni fatte sabato e domenica, anche se a poco più di 10 mt mi è venuta in mente diverse volte, ci stavamo allenando e pensavo e ripensavo a fare bene le cose per poter aiutare me e miei amici se mai dovesse capitarmi un emergenza.
    Le auguro una quanto più serena notte possibile.

    Hermes

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  • mamma di Paola
    ha risposto
    Buonasera, grazie per le condoglianze.

    Non ho nessuna competenza in materia ma nella relazione tecnica ho letto che;

    Equipaggiamento Paola: muta stagna con guanti e calzari, GAV (giubbotto ad assetto variabile) monobombola da 15 litri, computer Suunto Vyper .

    Equipaggiamento xxxx (il sub che si trovava vicino a Paola nel momento dell’emergenza ): muta stagna con guanti e calzari, GAV, monobombola da 18 litri, computer Uwatec Aladin.

    Equipaggiamento yyy (il sub che interviene in secondo tempo, quando Paola stava riemergendo); muta stagna con guanti e calzari, monobombola da 15 litri, computer Suunto Vyper
    ..
    P.S. Paola, monobombola con biattacco e 2 primi stadi separati, zavorra di 5 kg. Gli altri sub non lo so.

    Lascia un commento:


  • Italians
    ha risposto
    mamma di Paola , le faccio le mie più sentite condoglianze

    Non ho la capacità né la competenza per poter dire la mia in questo thread, dato che per mia indole non preferisco fare immersioni in aria oltre i 30 metri. Raramente mi sono spinto oltre i 40/50.

    Se fosse possibile (non conosco la sua competenza in materia ed eventualmente le chiedo scusa per le domande troppo tecniche), le chiederei di indicarmi le attrezzature utilizzate da tutti e 3 i subacquei presenti in quell'immersione.

    - Mute (tutti e 3 con la muta stagna)
    - Gav (sacchi con piastra o gav )
    - Zavorra utilizzata e pesi (pesi nei gav o tutto in cintura)
    - Bombole e attacchi delle bombole (un solo attacco o due)
    - Erogatori con relativi primi stadi (separati e con attacco DIN o INT, oppure uniti in octopus)

    (ho letto che la persona vicino sua figlia utilizzava una stagna, nessun gav ed una monobombola da 18 litri. Sua figlia invece un monobombola da 15 litri)


    Non per giudicare, ma per imparare, per quanto possibile, da questa sfortunata e tragica vicenda.

    Le rinnovo nuovamente le condoglianze ed il rammarico per la sua tragica perdita

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  • npole
    ha risposto
    Originariamente inviato da Sbiriguda Visualizza il messaggio
    Su questo dettaglio della chiusura del rubinetto mi sembra difficile
    E quell' "altamente probabile", in legalese, fa una enorme differenza.
    Io non so come si sia svolto il processo, e immagino che un perito sia stato incaricato di valutare i fatti, e che quindi qualcuno si sia posto le domande: il rubinetto chiuso era certamente quello sbagliato? E se si, da chi è stato chiuso il rubinetto? (ricordiamoci che quando passi al bibo, la prima cosa che impari a fare è a manovrare la rubinetteria)... e domande simili, che forse non hanno trovato una certezza nella risposta, da qui il "probabile".
    Comunque non dovremmo cercare di rifare il processo in questo forum, perché non credo che ne abbiamo i mezzi e le competenze e soprattutto perché non servirebbe a niente.

    Lascia un commento:


  • npole
    ha risposto
    Originariamente inviato da darkfire Visualizza il messaggio
    Il processo mediatico si è fatto al modo in cui si è scesi
    Questo vale per tutti i partecipanti all'immersione, non solo per chi sfortunatamente ne ha pagato le conseguenze più gravi. E comunque non costituisce reato, è una scelta individuale ed un rischio che si accetta. Poi ci sono diverse scuole di pensiero a riguardo e potremmo parlarne per settimane, ma non c'entra con l'argomento del thread.

    Tutte queste sono potenziali bombe ad orologeria.
    Sono d'accordo, e l'ho sottolineato anche io. Ma questo nulla ha a che vedere con eventuali responsabilità penali. In un altro thread parlavamo di un argomento simile: condurre un'immersione senza l'attrezzatura apposto (si parlava di pinne perse.. di stagna in continua ecc.) e io sono stato tra i primi a dire che farlo significa porre a rischio la propria vita e quella degli altri (nel caso servisse il nostro aiuto) ...ma si tratta di colpe "morali", il subacqueo in acqua (se non si tratta di un allievo e un istruttore) è tecnicamente "solo".

    Il problema è monte, a livello di pianificazione.
    Su questo siamo d'accordo, se si compie l'esame del tuffo a "mente fredda".. gli errori non si contano. Ma tutti i partecipanti ad un'immersione del genere hanno colpa. Probabilmente il più esperto sarà quello che ne porterà il peso maggiore (per non aver messo a frutto la propria esperienza, o addirittura utilizzandola come leva per invogliare gli altri), ma ancora una volta, queste scelte pesano sulla coscienza, ma (secondo me) non vanno criminalizzate.

    Lascia un commento:


  • Sbiriguda
    ha risposto
    A mio giudizio questo è il dettaglio che fa la differenza a livello giuridico

    L’ipotesi che sia stato chiuso il rubinetto sbagliato(cioè quello collegato all’erogatore che non era in erogazione continua e dal quale stava respirando la Nardini) è altamente probabile atteso che la bombola di Paola, quando è stata recuperata era completamente vuota….

    Non ho motivo di credere che il giudice fosse in malafede, ma a mio avviso se è accertato quanto sopra è necessaria la condanna per omicidio colposo di quello dei due istruttori che ha chiuso per errore il rubinetto sbagliato. Finché si parla di scendere a distanze non consentite, etc. etc. con una ragazza brevettata e consapevole delle proprie scelte si può discutere. Su questo dettaglio della chiusura del rubinetto mi sembra difficile

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  • darkfire
    ha risposto
    npole il primo salvamento che deve essere eseguito è l'autosalvamento. Il processo mediatico si è fatto al modo in cui si è scesi: aria profonda diretti verso i 70 (anche se si sono fermati prima per l'incidente) con monobombola, con uno dei subacquei senza gav ma che faceva affidamento alla sola muta stagna e senza ridondanze, senza brevetti tecnici e con la vittima che aveva poche immersioni all'attivo e lunghi periodi di inattività. Tutte queste sono potenziali bombe ad orologeria. Possono andare bene 1000 volte di fila ma prima o poi la coperta diventerà corta e la catena degli eventi infilerà in un tunnel di problemi da cui sarà difficile uscire.
    L'errore di chiusura, il non passare una fonte d'aria alternativa, il rendere negativa la persona fino ad allora fortemente positiva e perderne il contatto sono le conseguenze degli eventi, della narcosi, del panico e di tanti altri fattori insieme.
    Magari la stessa autoerogazione si sarebbe verificata in un tuffo a 30 metri, ma qualcuno sarebbe stato più lucido, avrebbe preso Paola nel modo corretto per garantirle positività e mediato con il suo assetto negativo alla risalita (ma per farlo avrebbe dovuto avere un gav ed un poco di zavorra in più). Con un gav avrebbe potuto rallentare l'assetto negativo da lui causato. Da una posizione corretta si sarebbe accorto della chiusura del rubinetto sbagliato e fornire comunque una fonte alternativa mentre risolveva l'errore.
    Il problema è monte, a livello di pianificazione.

    Lascia un commento:


  • mamma di Paola
    ha risposto
    Originariamente inviato da cesare Visualizza il messaggio
    ciao mamma paola, l'ho scritto un po' di volte ma lo ripeto: non conosco nessuno dei coinvolti e quindi scrivo per quanto possa pensare sia una dinamica possibile srotolando le mie esperienze subacquee.
    credo siamo davanti ad un caso tra i più frequenti che occorrono negli incidenti subacquei. una banalità, perché un erogatore in continua è una banalità per quella tipologia di immersione, che si trasforma in tragedia. credo ,ma a questo chiedo tua conferma, che l'incidente sia riconducibile a un attacco di panico sia della sfortunata paola sia dei suoi compagni. il panico trasforma cose semplici in impossibili.
    non so se i compagni hanno dichiarato la loro totale incapacità a una manovra banale in conseguenza di panico. altre dinamiche non ne trovo. da qui la mia definiamola assoluzione giudiziaria. il panico non ha razionalità e questo caso non trova molta razionalità di intervento. ti racconto un evento occorso alla mia compagna un po' di anni fa….notturna calabra, dieci metri d'acqua, mono da quindici, primo stadio in erogazione continua, un mare di bolle neanche un minuto, bombola vuota. vista la profondità,la mia vicinanza e la risalita insieme nulla di che spaventarsi o preoccuparsi. poi medito l'accaduto e da quella volta la mia compagna, in immersioni potabili respirando aria, scende in acqua con un 12 o 15 litri sulla schiena d'aria e un 7 litri clippato avanti d'aria (sistema genericamente abiurato dalla comunità subacquea).dovesse succedere non c'è motivo di panico e il tutto viene risolto dalla persona stessa senza l'intervento di alcuno perché in acqua tre metri di distanza possono essere più lunghi della salerno reggio calabria.purtroppo l'acqua trasforma, a volte con l'impreparazione a volte con la poca frequenza, banalità in tragedie (esperti, ma esperti davvero,subacquei hanno perso la vita per banalità). l'evento non credo debba avere colpevoli giudiziari, ma certamente colpevoli morali e spero che questo le sia stato manifestato dai due compagni. per quanto attiene a regole, standard, addestramenti, limiti dettati da qualsiasi didattica è un po' come l'applicazione di qualsiasi legge: o ci metti del cervello o lo scritto ,suggerimento o divieto che sia, non serve a nulla.le pantomime sul sistema di coppia il doppio erogatore etc etc sono devianti. un subacqueo per aiutare qualcuno deve innanzitutto sapere e potere aiutare se stesso. sennò il panico fa sempre tombola.
    Buongiorno, L' ’emergenza insorge in fase di discesa (-56 intorno al minuto 13), quando, mentre l' ’istruttore che li precede continua verso il fondo, Paola e l' ’altro si arrestano e, almeno inizialmente, non vi è stato attacco di panico, perché mentre il compagno la lascia per raggiungere l'’istruttore, Paola staziona a quella profondità in attesa del suo ritorno.
    Il compagno per raggiungere l' istruttore e tornare da lei impiega circa un minuto e, mentre i due stazionano ancora a quella profondità per altri 20 secondi, l'’istruttore, che evidentemente non aveva capito la gravità della situazione, risale più lentamente dell’'altro e continua verso la superficie senza alcuna sosta, sopravanzandoli.
    Solo dopo gli ultimi 20 secondi, Paola (minuto 15.30’’), impossibilitata a respirare per la chiusura del rubinetto, inizia una precipitosa risalita raggiungendo la quota dell' ’istruttore intorno a -40 e risalendo unitamente a lui fino a - 26 (minuto 17.30 - 18’’), da dove inizia la definitiva precipitazione verso il fondo, accompagnata dell' istruttore sino a quota -50 (minuto 19.40’’-20) quando viene abbandonata.
    L’'attacco di panico è sicuramente insorto nella parte finale, quando Paola, secondo quanto dichiarato dall'’istruttore, gli strappa maschera e un guanto, ma non era ancora presente quando Paola, avvolta in una nuvola di bolle, fatto che dimostra ancora una certa disponibilità d’' aria, lo raggiunge facendogli il segno convenzionale di averne bisogno.
    Ultima modifica di mamma di Paola; 08-05-2019, 12:51.

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  • npole
    ha risposto
    Originariamente inviato da mamma di Paola Visualizza il messaggio
    Lei invece cerchi di trovare la forza di "ignorare"....
    Naturalmente per "ignorare" non mi riferivo alla spiacevole vicenda, quanto piuttosto a chi è pronto ad imbracciare i forconi pur non avendo vissuto di prima persona la vicenda o comunque avendola appresa solamente in questi giorni.
    Non critico l'apertura di questo post, perché come ha fatto notare, lei ha esposto la vicenda dal suo punto di vista ed ha espresso, seppure tra le righe, il disappunto di un finale che lascia l'amaro in bocca, sia dal punto di vista penale che quello morale.
    Il thread si è però trasformato (come prevedibile) in un "processo mediatico", certamente non per colpa sua, del resto siamo in un forum pubblico.
    E' quest'ultima parte che non riesco ad "ignorare", perché anche io (come tutti gli altri), faccio parte della categoria dei subacquei, pur non essendo esperto quante molte persone qui, mi rendo conto che discutere di un incidente dietro un monitor è una cosa, viverlo in prima persona tutt'altro e che ognuno di noi potrebbe trovarsi a fronteggiare un'emergenza che sembra facilmente risolvibile ma che sott'acqua assume tutt'altro aspetto.
    Si può essere preparati a fronteggiare qualsiasi emergenza ma la reazione di un'emergenza reale è imprevedibile finché essa non accade. Anche un sub esperto, un istruttore con esperienza decennale, potrebbe cedere al panico.
    Ho visto genitori scappare davanti a un presunto pericolo "dimenticandosi" dei propri figli; questi ultimi sono dei "mostri" perché antepongono la propria incolumità a quella delle persone che amano (dovrebbero) di più? Si chiama "istinto di sopravvivenza", è atavico e a volta ci fa compiere azioni incontrollabili (proprio perché istintive), quelle che analizzate successivamente, ci fanno esclamare: "Come ho potuto comportarmi il quel modo?".
    Potrebbe accadere ad ognuno di noi, ciò significa che siamo tutti potenziali "assassini"? No, siamo esseri umani, taluni più deboli di altri.

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