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    PACIFICO MERIDIONALE.

    Esiste una zona dell’oceano Pacifico che è quasi sconosciuta a chi naviga per mare, assolutamente fuori da ogni rotta commerciale e ben alla larga da qualsiasi tentazione di esplorazione da parte di navigatori solitari o diportisti avventurosi.
    Un triangolo di mare compreso tra Capo Horn a est, Easter Island (isola di Pasqua) a nord ed East Cape dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda a ovest; a sud la tremenda zona dell’Antardide.

    Con un vento di prua di 55 nodi la mia bellissima Stratosphere tirava una bolina maledettamente scomoda per arrivare a doppiare Capo Horn e lasciarsi di poppa le tempeste che a quelle latitudini impegnano l’oceano per trecentoquaranta giorni all’anno. Stratosphere era la copia esatta di Endeavour un famosissimo sloop bermudiano di 39 metri e mezzo di Camper e Nicholson varato nel 1934 la cui storia in coppa America fu oggetto dell’attenzione mondiale quando nel 1934 si battè contro Rainbow di Harold Vanderbilt perdendo malamente (4 a 2) benché fosse la barca piu’ veloce.
    La storia di Endeavour mi aveva particolarmente affascinato, una barca che dopo tanti anni oscuri resuscitò grazie a Elisabeth Meyer, nipote di Kather Washington Post.
    Endeavour, il piu’ veloce e famoso “J Class” mai costruito, giaceva negletto, adagiato sul fango sotto un hangar dell’Isola di Wine Graham.
    La barca in stato di abbandono venne scoperta da Elisabeth Meyer che fulmineamente prese la decisione piu’ azzardata di tutta la sua vita: quella di acquistare Endeavour e di restaurarlo per riportarlo al primitivo splendore. Una simile idea era già passata per la mente al proprietario che lo aveva acquistato nel 1978, ma che aveva dovuto desistere dal proposito per successiva mancanza di fondi.
    Per la ricostruzione di Endeavour, i cui piani originali erano andati distrutti in un incendio del cantiere durante la guerra, la Meyer scelse tre collaboratori che si rivelarono fondamentali: Frank Murdoch, ingegnere di ormai 81 anni che aveva partecipato alla fase di progettazione e di costruzione della barca; Gerry Dijkstra, ingegnere, velista e progettista di Jessica ed infine John Munfold, al quale venne conferito l’incarico di disegnare gli interni. Mentre a Calshot Split, nel cantiere allestito ex novo dalla Meyer, si lavorava alacremente al rifacimento dello scafo (sostituzione di almeno due terzi delle vecchie lamiere) l’intraprendente Meyer recuperava fondi grazie alla vendita di 50000 copie del suo volume “YACHTING”.
    Nell’Agosto del 1986 Endeavour, scafo fiammante, venne rimorchiato attraverso la Manica e poi nelle acque interne sino a Vellenhobe in Olanda, dove proseguirono i lavori di ristrutturazione interna.
    Sotto la sapiente regia di Walter Huisman, gli interni presero forma, arredi e mobili vennero ricostruiti in perfetto stile Edwardiano; tutti i ritrovati della piu’ alta tecnologia vennero impiegati per la strumentazione di bordo, mentre le vele vennero commissionate a Ted Hood a Marblehad. I colori originali dello scafo vennero rispettati: due tonalità di blu con una striscia di grigio chiaro lungo la linea di galleggiamento. La coperta fasciata in teak del Siam.
    Io vidi Endeavour entrare nella baia di New York una mattina di Settembre e me ne innamorai a prima vista, decisi che quello splendore doveva essere mio. Pur mettendo a disposizione cifre piuttosto interessanti non riuscii mai a possedere lo yacht a causa dell’ostinazione degli eredi della Meyer; fu così che decisi di incaricare di nuovo un cantiere Inglese per avere una copia esatta di Endeavour.
    Stratosphere fu varato il 25 Aprile 2010 e con una traversata da record raggiungemmo New York in soli 19 giorni. Portavo la barca controcorrente sul fiume Hudson a quasi 8 nodi: le sirene della Guardia Costiera ed i potenti getti d’acqua delle navette dei Vigili del Fuoco salutavano il nostro arrivo.

    Rivedere l’oblò di dritta esattamente al suo posto fu per me quasi una sorpresa; la bolina stretta lo faceva solitamente abbassare sino a pelo d’acqua e ora stava al suo posto due metri sopra la linea di galleggiamento: ”che strano” dissi alzandomi dal mio lettone che, montato su di una splendida bascula in ottone massiccio, mi consentiva quale fortunato armatore di avere sempre il letto parallelo al mare; visti basculare i fornelli della cucina di bordo avevo voluto che lo stesso principio fosse applicato al mio letto nella cabina di poppa, una stravaganza che ovviava splendidamente alle andature scomode.
    “Molto strano” pensai, anche tutti i quasi 700 metri quadri di bellissime vele in carbonio non spingevano piu’ lo Stratosphere in un mare cattivo, anzi, il mare da quell’oblò di dritta pareva assolutamente calmo e il vento? Scomparso.
    Il mio magnifico skipper, una splendida fanciulla Italiana ex venditrice di jet privati, di nome Maga, – cugina di Giovanni Soldini e figlia di Gian Pio Maga ex comandante (fu il piu’ giovane in italia) di navi Liberty, fu a bordo delle piu' belle barche a vela del mondo e ultimamente espertissimo Comandante del porto di Porto Cervo - bussò delicatamente alla porta.
    “ Abbiamo bel tempo, calma piatta e un verde smeraldo sotto la chiglia,… le condizioni ideali per fare asciugare le ossa, se poi con l’aggiunta di un bel piatto di gamberoni alla fiamma ed una bottiglia di Chablis… ritroviamo anche il buon umore, che male c’è? ”
    “Come? Qui? Non ci posso credere”
    “Dai vieni su e goditi questa bonaccia”
    Assolutamente fermi, niente corrente, niente brezza ma per quella latitudine degli inaspettati magnifici 23 gradi di temperatura e poi quei colori che in un attimo avevano sostituito il cielo ed il mare freddi e plumbei. Niente all’orizzonte per 360 gradi.

    Questa volta il mio “che strano” fu sentito da tutto l’equipaggio che con aria interrogativa guardava un po’ su e un po’ giu’ prima il cielo e poi il mare.
    “Non dico che sia una cosa proprio normalissima ma state tranquilli, può succedere, può sicuramente succedere anche qui”. La voce del Professor Mimmo Picca saliva da un passo d’uomo dell’enorme cala vele di prua, il luogo dove bolina o lasco usava dormire per giorni intieri. La sua testa pelata fece capolino in coperta e tutti sorrisero vedendolo già intento a spalmarsi il capoccione con un’abbondante dose di crema gialla a protezione 32. Sembrava uno stregone aborigeno pronto a far festa ma oltre che essere uno stimatissimo medico iperbarico di fama internazionale aveva anche il pallino della biologia marina.
    “Bah, avrete anche tutti ragione ma un bel verde così non lo vedevo da quando abbiamo lasciato Hawke Bay in Nuova Zelanda e non venitemi a dire che con quasi 3000 metri d’acqua sotto la carena è proprio normale” dissi io allungandomi fuoribordo per vedere meglio.
    Fuoribordo acqua calma di un colore verde intenso, il sole, seppur basso sull’orizzonte, indubbiamente caldo per quelle latitudini

    “Per me sono alghe; l’oceano qui è profondo e il colore dell’acqua dovrebbe essere molto più scuro, cupo” disse il professor Picca.

    “ Nossignori!” era la voce del mio amico Tarek, “ qui ci sono 38 metri d’acqua e siamo sopra una roba che non si trova sulle nostre carte nautiche, non si trova in nessuna mappa del web e non vi e’ traccia di nulla di simile da nessuna parte.”
    Maga: “Acqua a 19 gradi!”
    A questo punto tutti a bordo di Stratosphere ci guardavamo con gli occhi leggermente piu’ aperti del solito . . . sbigottimento?
    No, solo voglia di mettere una muta e buttarsi giu’.

    continua ma scrivo con una mano sola e un dito solo, ho bisogno di tempo...

  • #2


    V
    U're an exception to the rule.

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    • #3
      Capitolo due


      Avevo visto il marchingegno su una nave Club Med e mi era davvero piaciuto. Seppur in piccolo sullo Stratosphere poteva “mettere in acqua” una dozzina di subacquei, piu’ che sufficiente per otto persone. Sulla nave Club Med era un enorme portellone di poppa (come quello dei traghetti)che aprendosi poteva scendere fino a due metri sott’acqua adagiando cosi’ in acqua i subacquei, comodo e molto pratico in risalita, ci si arriva e ci si siede in tutta sicurezza aspettando di essere portati fuor d’acqua da quel grande montacarichi; era anche ottima palestra per insegnare ai principianti.
      Su Stratosphere la stessa cosa fu realizzata aprendo un portellone sulla fiancata di dritta, tre metri per due e cinquanta che potevano tirare su e giu’ subacquei e attrezzature; una bella idea considerato che il portello dava accesso diretto ad uno stanzone spogliatoio, compressori, attrezzature, mini camera iperbarica e quant’altro.
      Un verricello elettrico posto direttamente sulla piattaforma consentiva anche di alare o salpare comodamente un ROV anche oggetti pesanti fino a cinque quintali.Bella storia.

      Nitrox, decisamente nitrox per trentotto metri d’acqua.

      L’equipaggio era costituito da tutti subacquei: oltre al sottoscritto, il mitico Tarek, il Professor Picca e la bella Maga (skipper, cuoca ed eccellente bomba di sesso) avevamo a bordo un assortimento di “gente” non male.
      Qui l’elenco dei restanti quattro:
      Jack Haasse , (detto anche Daniels) un marinaio Olandese di ventisei anni, motorista, elettricista e grande apneista, fu suo un buon record “tra” i nostri Pellizzari e Genoni. Jack era parente stretto di una scrittrice, Helene Serafia Haasse (scomparsa nel 2011), grande storica ed autrice delle Vie dell’Immaginazione, un libro che tutti dovrebbero possedere.

      Alessandra Bianchi (detta Dada)co/proprietaria ed istruttrice presso il Sinai Dive Club di Sharm el Sheikh, nota armatrice di tutte le barche di nome Angelina che scorazzano per il Mar Rosso, una bravissima ragazza, amica di famiglia ed oggi mamma di due spendide creature.
      Subacquea appassionata ed ottima fotografa.

      Troy Garity, (detto Soft) all’anagrafe Troy O’Donovan Hayden fratello di Vanessa Vadim e marito di Simone Bent ma, soprattutto, figlio di Tom Hayden e di una mamma che si chiama Jane Fonda; un bel giovanottone di centottantotto centimetri classe 1973; subacqueo irrequieto, curioso e relittaro dalla nascita.

      Gianalberto Falamischia quarantuno anni detto l’indeciso (ma anche Bisceglie e a volte Bitonto) Gran bel subacqueo il Gianalberto, quasi vent’anni di immersioni se non si considera il biennio del disgraziato periodo nel quale fu colpito dal tremendo virus, riconvertito alla normalita’ gli e’ pero’ rimasto il vizio di dover sempre scegliere ovvero dover sempre proporre una soluzione diversa da quella comunemente e preventivamente concordata con il resto del gruppo. Spesso le sue soluzioni furono terribili e terrificanti (una su tutte capito’ quando, appena dopo il virus, volle provare una discesa sdraiata guardando la superficie e una risalita a testa in giu’… Mimmo Picca non pote’ fare altro che sparargli un Valium nel culo e tentare un improbabile elettroencefalogramma a bordo) Ecco perche’ Gianalberto lo chamiamo Bisceglie e spesso anche Bitonto, “l’indeciso” era solo di contorno.

      Quasi dimenticavo, il virus si chiamava DIR ovviamente.

      La catena dell’ancora della barca andava giu’ dritta come un fuso, penzolava, niente vento e niente corrente, sembrava di essere in una grande calma e piatta pozzangherona piuttosto che in mezzo al Pacifico e pensare di essere li’ con la “prima” terra a ben oltre le duemila miglia di distanza dava un brividino alla schiena. Forse era l’isola di Pasqua la piu’ vicina, la bella Rapa Nui.
      Si puo’ usare anche un compasso per “pianificarla” su una carta ma in buona sostanza si va giu’ in quattro, zero, novanta, centottanta e duecentosettanta, ovvero la bomba, una robetta da Frecce Tricolori. Si scende lungo la catena dell’ancora e a qualche metro dal fondo ognuno per la propria rotta ed ognuno rigorosamente per i cazzi suoi si fa una prima di non piu’ di venti minuti di fondo, nel caso qualche foto ma soprattutto, una volta fuori, ognuno con le proprie impressioni e, tanto per cominciare una bella porzione di fondo gia’ esplorata. Tanto ben fatta che i primi quattro: Tarek, Dada, Daniels e Soft al ritorno si ritrovarono sull’ancora insieme e su, piano piano in quel piacevole brodino a 19 gradi.
      Riunione del giovedi’ pomeriggio: piu’ fango che sabbia, piu’ vita di roba piccola che di grandi pesci, strato di alghe belle verdi sui quattro cinque metri, due gradi piu’ alta la temperatura del fondo (nulla di strano se si pensa che per esempio il Mar Rosso e’ caldo da sotto per via della della crosta piu’ sottile).

      E… tutti a pensarci bene, e il Picca che ogni tanto mugugnava un: “Cazz’e’?”

      Intanto il giorno dopo la discesa sarebbe toccata a noi, altri otto occhi per vederci meglio ma passammo davvero quasi tutta la notte a pensarci e l’unica cosa che ci venne in mente fu cio’ che Mimmo Picca ripeteva ormai da ore: “Cazz’e’?”

      “Magari e’ una secca che c’e’ sempre stata e nessuno ha mai scoperto” cosi’ disse il saggio Tarek ed io che gia’ mi immaginavo di darle un nome, come fa chi scopre una cometa o una stella, un diritto dello scopritore. Poi, pensandoci bene, l’idea di dare un nome a una secca comunque non mi entusiasmava piu’ di tanto, soprattutto una secca messa li’ con la terra piu’ vicina lontanissima e poi situata in un posto non tanto per turisti, troppo vicino ai paurosi Ruggenti ed Urlanti, mi si passi il termine: un posto un po’ di merda.
      Comunque, vista cosi’, un piccolo paradiso: acqua verde smeraldo, temperata ed anche discretamente abitata insomma una specie di bell’autogrill su un’autostrada dritta, noiosa, nebbiosetta e freddina tipo una Mi-Bo fatta a fine Novembre con una macchina odorante fumatore, con poco riscaldamento e dopo una colazione “miraggio” una di quelle che le cose buone le immagini, quasi le vedi ma invece in un posto che non ricorderai mai nella vita, mangi una brioche possa e bevi un caffe’ da: “abbiamo appena pulito la macchina . . . vuole che glie ne faccia un altro?” A me quando capita cosi’ lascio una Sterlina di mancia col chiaro intento di fare capire che forse e’ meglio cambiare mestiere . . .

      Intanto bisognava anche misurarla questa benedetta secca, cercare di capirla.
      “Lasciamo giu’ una boa e spostiamo la barca, vediamo un po’ piu’ in la” consiglio della Dada, una ragazza pratica.
      Detto, fatto e cosi’ noi, i secondi quattro ci buttiamo giu’ ed anche noi facciamo la nostra bella bomba. Risultato? Uguale a prima.

      “Una cosa e’ certa: se con questa temperatura e, viste le alghe una fotosintesi che funziona bene qualcosa di strano c’e!” disse il professor Picca, e noi: “Cioe’???”
      “Cioe’ non capite una mazza! Per esempio non c’e’ un corallo . . . e, sempre per esempio, quel fondo li’ non ha…. Non e’ . . .” Era successo, il prof. si era incantato, gli succedeva solo quando entrava in “prevalenza” il pensiero a sfavore della parola. Non ci restava che sperare si sbloccasse alla svelta ma anche noi, ognuno di noi, aveva il suo bel pensare.
      Dieci lunghezze era la regola per dare fondo all’ancora e tutte e dieci le lunghezze di catena stavano ammucchiate piu’ o meno sopra l’ancora stessa, non un filo di vento, non un filo di corrente ma finalmente una pinna conosciuta. Un solitario longimanus gironzolava all’ombra dello Stratosphere, un po’ in caccia e un po’ curioso si mangiava anche le bucce di banana che Bisceglie gli lanciava ogni tre o quattro ore. Lui mangiava banane per andare di corpo . . . Bisceglie ovviamente.
      Intanto qualcuno dal resto del mondo lo sentivamo via radio e piu’ d’uno fu sorpreso di saperci all’ancora in un posto dove solitamente c’e’ fondo, freddo, mare, vento e magari anche qualche iceberg di discreta misura, Soft aveva tentato di spiegarlo bene ma chiedere ad un americano di spiegare bene qualcosa di inspiegabile e’ perfettamente inutile, tanto inutile che via radio arrivavano delle frasette tipo: “Bevete meno ragazzi!”

      Questo l’andazzo ma il bello doveva ancora capitare.

      Continua settimana prossima

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      • #4
        <°))))< : Never dive below your Guardian Angel

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        • #5


          r.
          "Anche tu sei inutile, eppure ti sopportiamo" [LSD]
          "Avete finito il debriefing....?..... bene....." [cit.]
          "prima di tutto: vado in acqua come cazzo mi pare..."[virman]

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          • #6
            , è sempre un gran piacere leggerti....
            Quando el Leon alsa la coa, tutti gli altri sbassa la soa....

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            • #7
              Bi-sceglie e Bi-Tonto.
              E Mimmo Picca...
              sei sempre sul pezzo, vecchio mio
              Wyrd biö ful äroed
              "Puoi imparare a riderci su, puoi farci il callo e ignorarle o puoi continuare a legartela al dito e rendere la tua permanenza sul forum inutilmente miserevole. Vedi tu." (cit.)
              "siamo schiavi dei nostri personaggi" (cit. mgs, 18/07/2015)

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              • #8
                Complimenti .
                Ciao MarenaSub
                Cit.Silvano :
                Qualcuno ha persin detto che per andare sott'acqua ci vogliono le palle.
                E subito qualcun'altro ha scritto che palle e scroto raggrinziti dal freddo spostano meno liquido che le stesse allascate e gonfie per la calura, se ne deduce che con le palle al fresco si è negativi e si può togliere zavorra, viceversa , a palle lasche , un po' di zavorra in più non fa mai male.

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                • #9
                  Capitolo tre


                  Non so se lo avete mai provato in barca ma vi assicuro che quando Jack Daniels lo ha tirato fuori dal Tupperware mi sono fatto issare in testa d’albero, ci sono rimasto due ore e per la fame ho mangiato una mela nonostante le vertigini, non so cosa fecero gli altri ma da quel maledetto tupperware e’ uscito il Pinyin: un tÅfu messo a fermentare in una speciale salamoia la cui ricetta varia da produttore a produttore. L'odore di questo tÅfu è pungente, simile a certi formaggi stagionati, o all'odore di marcio e di feci. E insieme al Pinyin due belle uova cinesi nere come la pece la cui eta’ non era inferiore ai centocinquant’anni. Due vere prelibatezze che stavano in quel maledetto tupperware da un mese.
                  Ovviamente l’insalatina centenaria puzzolente se l’e’ mangiata solo lui e, sempre ovviamente, quella sera nonostante la barca con i suoi centoventi piedi non fosse piccola abbiamo dormito tutti in coperta e il Picca ha detto: “Se scorreggia siamo morti”.
                  Adorabile cucina cinese, avevo appena finito di decantare la migliore Pekin-duck di Londra . . . bah.
                  Comunque e’ vero: il tupperware e’ talmente a tenuta che ci puoi mettere anche un topo morto e marcio e lasciarlo in frigo mesi. Anni fa lessi un libro davvero spassoso: “Tutti pazzi in Alabama” parlava di una signora che girava l’America con la testa del marito dentro un tupperware, divertentissima lettura, la consiglio ma mi scuserete, non ricordo l’editore.

                  “Forza e coraggio, diamo motore e cerchiamo di misurare sta roba” Tarek e la bella Maga avevano finalmente preso una decisione, Il Professor Picca chiuso a mugugnare e pensare tra i sacchi delle vele e noi, tutto il resto della ciurma, impegnati da uno splendido Campari shakerato, soppressa veneta e polenta abbrustolita. Il tutto arrivo’ dopo il tofu e con il preciso intento di dimenticarlo al piu’ presto.
                  “E’ tondeggiante e bella grande, il fondo degrada abbastanza decisamente verso l’esterno e la sua dimensione puo’ essere … diciamo trenta miglia di diametro?” pausa: “diciamo anche quaranta stando al gps” concluse Maga. Una “roba” grandina per essere piuttosto sconosciuta.
                  Ci eravamo ancorati nuovamente su una formazione forse rocciosa ben evidenziata dallo scandaglio e ci stavamo preparando in sei per una nuova immersione, avremmo lasciato in barca solo due persone.
                  Nitrox, decisamente nitrox per trentasette metri d’acqua.
                  Non so se avete presente il “biscione” fuori Arma di Taggia, era una roba piu’ o meno cosi’ ma di rocce piu’ scure, molta piu’ vita e anche qualche bel pescione di taglia discreta.
                  “ahh cazzarola! Lo dicevo che era impossibile che non ci fossero polipi qui intorno” queste le parole quasi urlate dal professore che riemergeva dalla sua tana con una provetta in mano: “Belli, splendidi, minuscoli polipi!” e… : “Habemus anthozoa!!” tutto quadrava tranne la latitudine ovviamente anche se e’ noto che c’e’ una barriera corallina sotto Capo Horn ma noi eravamo un bel po’ piu’ giu’.
                  Il pomeriggio arrivo’ anche il vento, tanto vento bello freddo e insieme al vento si mosse decisamente anche il mare, decidemmo di “allungarci” in acque ben piu’ profonde e nel caso prepararci a una cappa, una cosa molto piu’ normale per questi posti. In acque basse non e’ mai salutare prendere una botta di mare, mai. Vedere lo Stratosphere fendere il mare a quasi quindici nodi solo con una tormentina di quattro metri quadri era sempre uno spettacolo, vedere una nerissima balena franca australe (eubalena australis) saltare fuori a venti metri dalla prua e stare con noi per un’ora abbondante fu uno spettacolo ancora piu’ bello. Questa, una volta era la balena piu’; cacciata; cio’ per due motivi: e’ piuttosto lenta e appena uccisa galleggia. E’ bello sapere che in Argentina la balena australe e’ monumento naturale nazionale.
                  Ci aspettavamo di vedere tanta vita marina e invece abbiamo visto cinquanta tonnellate di splendida acquaticita’ tutte in una volta.
                  E’ il mare.
                  Mettersi alla cappa con un mare cosi’ era il minimo che si potesse fare, dormire neanche l’idea, raddoppiare, anzi triplicare la guardia di notte, anzi tutti quanti fuori a cercare di vedere nel nero della notte un bel macchione apparso sul radar fu impresa impossibile e cosi’ senza neanche sentirne la puzza ci siamo persi anche l’iceberg.
                  Sempre meglio la puzza di un iceberg che quella del cibo di Daniels.
                  Niente iceberg, non si puo’ avere tutto dalla vita.

                  Dunque cosa avevamo: una grossa secca ad una latitudine improbabile, una temperatura dell’acqua decisamente piacevole, vita marina discretamente abbondante e tutto quanto ancora da capire bene facendoci sopra un bel po’ di immersioni; fu cosi’ che passata la buriana, col mare che si calmava, tornammo sulla nostra boa rossa pronti per farne almeno una decina. Il Picca ci avrebbe detto cosa fare o cosa cercare e noi lo avremmo fatto volentieri . . . per la scienza.

                  Ed eccolo li’; chissa’ perche’ a me faceva quell’effetto? Vedere la pinna dorsale del longimanus fendere la superficie era uno spettacolo ma non fa lo stesso effetto di quella di un altro squalo, forse perche’ e’ cosi’ tondeggiante . . . non lo so spiegare ma non incute paura, e’ un movimento che normalmente si associa al predatore, nel caso del longimanus, che e’ un pesce curioso, fa solo venire voglia di andare sotto a vedere anche il resto. E il resto e’ come vedere una formula uno, una McLaren d’argento, anche quando va piano capisci quanta potenza e quanta perfezione c’e’ in ogni suo dettaglio, l’essenza dell’evoluzione, senza fronzoli.
                  Io non mi stanchero’ mai di vedere e rivedere i paesaggi e la vita sottomarina; anche se vai sempre nello stesso posto, per anni e anni fai la stessa immersione il senso di sorpresa, di curiosita’ e di bellezza e’ sempre uguale a quello della prima volta.
                  Mare e montagne a volte si assomigliano molto.
                  Sono amico di un grandissimo alpinista, un “ragno” Lecchese di quelli che hanno fatto la storia dell’alpinismo, forse poco conosciuto ma davvero un grande, si chiama Giorgio Redaelli – maestro di sci, maestro di tennis e istruttore di golf, Accademico del Cai e ovviamente Guida Alpina - ed oggi, un po’ avanti con l’eta’, gestisce il rifugio del Pian dei Resinelli.
                  Il suo soprannome era il Re del Civetta, sue quasi tutte le “prime” su quella montagna, memorabili le sue “prime invernali” su Torre Venezia e Torre Trieste, imprese quasi impossibili con bivacchi in parete e passaggi di sesto grado tra ghiaccio e rocce (allora il sesto grado era il massimo della difficolta’) Famoso anche per aver raddrizzato una via Bonatti sul massiccio del Bianco (e Walter Bomatti non glielo perdono’ mai) ma il suo mondo era il Civetta. Mi raccontava spesso che pur essendo forse il piu’ grande esperto alpinista di quel massiccio ci tornava e ci ritornava perche’ ogni volta era nuovo, diverso dalla volta prima, intrigante.
                  Ecco, per me e per molti subacquei andare sotto e’ proprio cosi’, quante volte ci siamo detti: “Non importa il posto, basta andare sott’acqua” e quante volte abbiamo visto cose nuove, diverse, intriganti?
                  Io sempre.

                  La cima alla quale avevamo legato il pedagno era una vecchissima drizza in canapa, ero certo che fosse pulita quando l’abbiamo messa in acqua, ora invece si vedevano ad occhio nudo una sacco di cose attaccate a quella drizza, alghe, polipetti e quant’altro, una vera delizia per gli occhi del professore e il suo microscopio, una giocattolino che probabilmente nel giurassico aveva comprato via posta con l’Intrepido, forse Il Monello (antichi settimanali) o in un negozio per bambini, una roba tipo “il piccolo chimico” o “ ammiriamo i misteri della natura”.
                  Quindi c’era parecchia giovane vita sulla secca e, per quanto impossibile da quantificare, anche i pesci sembravano di piu’ . . .forse anche perche’ in acqua non ci finivano solo le bucce di banana di Bisceglie … ma posso garantire , tutto rigorosamente biodegradabile… da che pulpito! Io che lotto tutti i giorni per non cambiare l’imprinting degli animali! . . . e anche quello della Gina, splendida creatura.

                  Era sicuramente piu’ fango che sabbia anche se il colore e la consistenza potevano trarre in inganno, facemmo anche un paio di carotature con un bidoncino di latta della Penn (palle da tennis) e il risultato delle indagini microscopiche del Picca fu piuttosto confuso ma: “roba vecchia, antica …” diceva lui.

                  “Se becco chi tocca gli strumenti di bordo gli stacco le braccine” la bella Maga era incazzata come pochi, qualcuno le sregolava la strumentazione e lei, giustamente, si imbestialiva, ma tutti giuravano e spergiuravano di non avere toccato niente. Uno dei tanti misteri irrisolti che capitano a bordo. Come quando trovi il water sporco e ovviamente non e’ stato nessuno.
                  Il compressore pompava aria nelle bombole, la Dada preparava il Nitrox, noi si cazzeggiava tra la cucina e la sala da pranzo, qualche fanatico (non faccio nomi) scriveva improbabili cagate su un log-book-a-fiorellini-per-giovani-open-padi, e cosi’ passavano le serate, durante il giorno invece ne si faceva il piu’ possibile; dentro e fuori e tra una e l’altra Soft trovava anche il tempo di fare esercizi fisici sul ponte, una delizia assoluta per gli occhi della Dada e della bella Maga che per stare li’ a guardar gonfiarsi deltoidi e tricipiti un giorno si dimenticarono il tonno nel microonde. (nota: lo mangio’ solo Daniels, sembrava quella roba fumante del film Alien) Altro giorno da passare in coperta per via della puzza infernale.

                  Sparito il longimanus e tirati su gli occhi verso l’orizzonte, non ci volle molto ad individuare la prua e i due baffi bianchi di spuma di una nave che ci puntava decisamente. Fu su di noi in meno di mezz’ora, bella grossa, tutta grigia con una banda rosso fuoco sulla fiancata: Guardia Costiera Cilena.
                  Ci siamo guardati tutti e otto e non senza sorridere abbiamo detto: “Costiera???” cazzarola la costa piu’ vicina era a piu’ di duemila chilometri!!
                  “Fuori i parabordi alla svelta che questi son grossi!” sempre la stessa frase della bella Maga, da anni sempre la stessa frase, cambiava solo a volte l’ultima parola, poteva essere grossi, oppure matti, oppure stronzi oppure delinquenti oppure pericolosi marinai d’acqua dolce – non me ne vogliano i tanti amici del Lago Maggiore - ma i parabordi dovevano saltar fuori al volo, Stratosphere era troppo bello!
                  Bello o bella? Per quasi tutti era una bella barca a vela, per il sottoscritto era un magnifico veliero.

                  Io andai a bordo della Nave con i nostri documenti e due marinai di biancovestiti, non senza essersi tolte le scarpe sotto lo sguardo fulminante della nostra skipper, salirono a bordo dello Stratosphere per un controllo di routine.
                  Il Comandante mi ricevette nella sua cabina e dopo un veloce ok per i nostri documenti mi chiese: “Cosa fate qui?” … non era una domanda da “Comandante”, il cosa fate qui lo avrebbe potuto dire nelle sue acque, non certo in questo posto fuori dal mondo per cui la mia risposta fu: “Ci siamo fermati per fare una nuotata” e lui si innervosi’ un filino. Avrei potuto fargli io la stessa domanda non vi pare?
                  Pensai: “ Stai a vedere che adesso questo qui mi dice qualcosa di interessante” era giovane e un po’ spocchioso, comincio’ il discorso dicendo: “ Noi della Marina Cilena, abbiamo il compito …” ed io:” Scusi ma non siete Guardia Costiera?” e lui ancora piu’ nervosetto “ In Chile tutte le forze armate sono la stessa cosa” insomma per dirla da marinaio non sapeva che pesci pigliare cosi’ decisi di dargli una mano: “ Vede Comandante, anche noi, appena siamo giunti sul posto abbiamo pensato a qualcosa di anomalo, questa secca per esempio non e’ segnata sulle carte nautiche,… nulla di male se si pensa che queste carte sono Peruviane…. “ pausa e constatazione: i Chileni non adorano i Peruviani cosi’ gli strappai un sorrisetto; e poi: “ Ci farebbe comunque molto piacere riferirvi le nostre impressioni ma siamo appena arrivati” bugia.
                  “ E’ sicuramente qualcosa di anomalo…” disse il giovane comandante.

                  continua..

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                  • #10
                    Per gli amanti della ricerca: http://www.redaelligiorgio.it

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                    • #11
                      Ficiuz , attendo il quattro con ansia .
                      Ciao MarenaSub
                      Cit.Silvano :
                      Qualcuno ha persin detto che per andare sott'acqua ci vogliono le palle.
                      E subito qualcun'altro ha scritto che palle e scroto raggrinziti dal freddo spostano meno liquido che le stesse allascate e gonfie per la calura, se ne deduce che con le palle al fresco si è negativi e si può togliere zavorra, viceversa , a palle lasche , un po' di zavorra in più non fa mai male.

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                      • #12
                        a chi lo dici.. sono Silvano-addicted!

                        Commenta


                        • #13
                          E' meglio di una Droga...e crea Dipendenza...
                          Gli Amici sono come le Stelle, a volte non li vedi..ma ci sono Sempre

                          Commenta


                          • #14
                            AAAaah Silvan.. ma perchè non ti metti sul serio a scrivere un libro?? venderesti di sicuro
                            SSI: OWD, AOWD, CPR, RESCUE, DECOMPRESSION
                            ESA: DIVELEADER
                            IANTD: Trimix Normossico, Technical diver, Trimix Ipossico.

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                            • #15
                              Certo che per essere uno che non voleva più scrivere...
                              Miranda - Torino

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