Londra febbraio 2008
Lo facevo spesso, camminare è tutta salute e così uscivo da casa il mattino presto non dovevo fare altro che attraversare la strada per trovarmi dentro Hyde Park, d’obbligo una colazione nello splendido aranceto di Kensington Palace e poi è proprio solo un attimo arrivare alla Royal Albert Hall e scendere giù da Wilton street verso Victoria. Londra a volte sorprende per i piccoli particolari magari anche per cose che non hanno nulla a che vedere con la città. Proprio prima di arrivare in Victoria si passa vicino a un piccolo Giardino pubblico; così a occhio non più di cinque o seicento metri quadri: Grovesnor Gardens; come in tutti i giardini di Londra ci sono delle minuscole casette all’interno: due metri per due e servono per riporre gli attrezzi dei giardinieri. Niente di speciale ma di solito sono molto carine tutte di legno o di pietra con varie decorazioni del Regno ma queste due sono diverse, direi speciali: sono completamente ricoperte di conchiglie di mare, un po’ come si usava fare noi da piccoli con i castelli di sabbia, per abbellirli si ricoprivano di conchiglie. Conchiglie di varia grandezza e colore, molto graziose da vedere. E’ stato così che guardandole bene mi accorsi che alla base di una delle due casette, proprio sotto il gradino dell’entrata c’era una scritta: “1908 -Donate da Sir Edward Green, fondatore del primo istituto di ricerca sottomarina del Regno Unito” e più sotto: R.I. of M.R. e l’indirizzo. "E' qui più avanti” mi dissi e allungai un po’ il passo.
Guardando l’entrata sud di Westminster Abbey, quella principale, sulla destra nella piazzetta antistante si trova una costruzione molto antica, probabilmente faceva parte dell’abazia, uffici amministrativi, forse residenza di qualche alto dignitario o qualcosa del genere, un palazzetto con varie entrate e una di queste sede dell’istituto. Mi dissi: “Chiedere non costa nulla” e suonai il campanello, nessuna risposta tranne l’apertura della serratura elettrica …”entro o non entro?” entro dai, posso sempre fare il turista Italiano spaesato che si è trovato lì pensando fosse un museo o roba del genere ma intanto che pensavo alla scusa mi è venuto incontro un signore sorridente che con il suo: “Can I help you Sir?” mi ha fatto capire che bluffare a questo punto era inutile ma: “Io questo qui l’ho già visto” mi stringe la mano e mi spara un “nice to meet you, my name is David” e intanto che gli rispondevo, “my name is Silvano” mi è venuto in mente chi era l’uomo: Sir David Frederick Attenborough!! Porc…. un ottantenne mito vivente! Vi assicuro che per quanto io potessi bluffare le gambe mi tremavano davvero. Lo seguii dicendogli che mi aveva incuriosito la storia dell’istituto, le casette con le conchiglie, Sir Edward Green eccetera finché alla fine di un corridoio piuttosto buio, arrivammo in un bell’ufficio tutto foderato con legno di quercia e dall’aspetto notevolmente “navale” ci siamo accomodati; lui su un divano ed io su una poltrona un po’ sfondata e davanti al solito the bollente e sandwiches come vecchi amici cominciammo a chiacchierare e a parlare di relitti.
Di tutti quelli, quei pochi che conoscevo io e dei moltissimi che invece conosceva lui. Io quel giorno lì me lo ricordo come fosse appena passato e non potrò mai dimenticare una sua frase, detta quasi sottovoce: “ Lo vuole vedere un bel progetto?”
continua
Lo facevo spesso, camminare è tutta salute e così uscivo da casa il mattino presto non dovevo fare altro che attraversare la strada per trovarmi dentro Hyde Park, d’obbligo una colazione nello splendido aranceto di Kensington Palace e poi è proprio solo un attimo arrivare alla Royal Albert Hall e scendere giù da Wilton street verso Victoria. Londra a volte sorprende per i piccoli particolari magari anche per cose che non hanno nulla a che vedere con la città. Proprio prima di arrivare in Victoria si passa vicino a un piccolo Giardino pubblico; così a occhio non più di cinque o seicento metri quadri: Grovesnor Gardens; come in tutti i giardini di Londra ci sono delle minuscole casette all’interno: due metri per due e servono per riporre gli attrezzi dei giardinieri. Niente di speciale ma di solito sono molto carine tutte di legno o di pietra con varie decorazioni del Regno ma queste due sono diverse, direi speciali: sono completamente ricoperte di conchiglie di mare, un po’ come si usava fare noi da piccoli con i castelli di sabbia, per abbellirli si ricoprivano di conchiglie. Conchiglie di varia grandezza e colore, molto graziose da vedere. E’ stato così che guardandole bene mi accorsi che alla base di una delle due casette, proprio sotto il gradino dell’entrata c’era una scritta: “1908 -Donate da Sir Edward Green, fondatore del primo istituto di ricerca sottomarina del Regno Unito” e più sotto: R.I. of M.R. e l’indirizzo. "E' qui più avanti” mi dissi e allungai un po’ il passo.
Guardando l’entrata sud di Westminster Abbey, quella principale, sulla destra nella piazzetta antistante si trova una costruzione molto antica, probabilmente faceva parte dell’abazia, uffici amministrativi, forse residenza di qualche alto dignitario o qualcosa del genere, un palazzetto con varie entrate e una di queste sede dell’istituto. Mi dissi: “Chiedere non costa nulla” e suonai il campanello, nessuna risposta tranne l’apertura della serratura elettrica …”entro o non entro?” entro dai, posso sempre fare il turista Italiano spaesato che si è trovato lì pensando fosse un museo o roba del genere ma intanto che pensavo alla scusa mi è venuto incontro un signore sorridente che con il suo: “Can I help you Sir?” mi ha fatto capire che bluffare a questo punto era inutile ma: “Io questo qui l’ho già visto” mi stringe la mano e mi spara un “nice to meet you, my name is David” e intanto che gli rispondevo, “my name is Silvano” mi è venuto in mente chi era l’uomo: Sir David Frederick Attenborough!! Porc…. un ottantenne mito vivente! Vi assicuro che per quanto io potessi bluffare le gambe mi tremavano davvero. Lo seguii dicendogli che mi aveva incuriosito la storia dell’istituto, le casette con le conchiglie, Sir Edward Green eccetera finché alla fine di un corridoio piuttosto buio, arrivammo in un bell’ufficio tutto foderato con legno di quercia e dall’aspetto notevolmente “navale” ci siamo accomodati; lui su un divano ed io su una poltrona un po’ sfondata e davanti al solito the bollente e sandwiches come vecchi amici cominciammo a chiacchierare e a parlare di relitti.
Di tutti quelli, quei pochi che conoscevo io e dei moltissimi che invece conosceva lui. Io quel giorno lì me lo ricordo come fosse appena passato e non potrò mai dimenticare una sua frase, detta quasi sottovoce: “ Lo vuole vedere un bel progetto?”
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