Emergenze subacquee: quali sono le vostre esperienze?

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  • #31
    1 metro non penso proprio faccia la differenza dal punto di vista della fisica. Dal punto di vista emotivo prendere atto della criticita' sicuramente cambia lo scenario.
    Capita.
    Paolo
    Paolo

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    • #32
      Siccome sono cose soggettive, descrivo quanto successo. Alzandomi di un braccio, sono passato dalla classica sensazione di una bella e abbondante "balla", al nulla assoluto.

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      • #33
        La narcosi ha mille sfaccettature, ti lusinga, ti fa stare bene, ti fa rilassare, rilassare, rilassare, ti fa stare bene...
        E quando stai troppo bene ti gioca brutti scherzi.
        La regola e' non cercare il limite ma la natura umana va in direzione opposta e quando si e' in acqua si rischia di fare l'opposto esatto di quanto deciso a terra.
        Soprattutto quando si va da soli e si e' abituati ad andare fondi.
        Ciao
        Paolo
        Paolo

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        • #34
          Normalmente avverto la narcosi in due modi. Senso di oppressione e questo mi è capitato scendendo in "verticale" e non come al solito a testa in giù ed è scomparso non appena ho avuto un contatto visivo col fondale. Seconda opzione uno stato di angoscia latente che mi porta a risalire immediatamente.
          Non ho mai provato nessuno sensazione di benessere particolare e nel caso me ne guarderei bene dal proseguire.

          Inviato dal mio SM-G970F utilizzando Tapatalk

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          • #35
            TheFlash
            Sei fortunato. Un disagio non puo' essere ignorato. Io sto bene, mi rallento sempre di piu' e mi sono dato un limite anche tenendo conto della morfologia dei fondali che frequento.
            Quando mi sono trovato da solo al solito scoglio isolato di cala molella al Giglio in preda ad un rallentamento continuavo a scendere beato e tranquillo ed il tempo e' volato.
            Da allora do sempre una gonfietina al gav prima di curiosare oltre le solite quote.
            Ciao
            Paolo
            Paolo

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            • #36
              Prima parte

              Originariamente inviato da Barbara87 Visualizza il messaggio
              Ciao a tutti! Rivango questa vecchia chat e chiedo lumi.
              Premetto che non ho grandissima esperienza come subacquea, ma ho all'attivo circa 250 tuffi e brevetti fino al tech 50 circa 13 anni di subacquea.
              Non ho mai avuto particolari problemi, se non un'esperienza di affanno 4 immersioni fa, ......
              ......
              Sinceramente sono ancora un pò scossa da come si è evoluta questa vicenda, e non so come poter riprendere il controllo di me e tornare a fare immersioni in tranquillità (come negli ultimi 13 anni).
              Avete suggerimenti o esperienze?
              Grazie!

              Barbara
              Non ho idea di cosa è il Tec50, mi spiego, non sono sicuro che sia un corso di immersione profonda in aria, o un corso in trimix.

              Se trimix non riesco a capire cosa ti può mandare in affanno in termini fisici, indagherei l'aspetto psicologico, ansie, paure, senso claustrofobico, ecc.

              Se in aria, di motivazioni me ne vengono in mente tante.

              Barbara, una premessa, quanto vado a scrivere non vuole essere una critica alle tue capacità o a chi ti ha fatto il corso, o alle tue nozioni ecc, ecc.
              Sono delle considerazioni aperte sulla base di quanto hai scritto, se questi spunti di riflessione ti potranno essere di aiuto, bene ... se non sono d'aiuto ... va bene comunque, senza nessuna polemica.

              In ultimo, utilizzo questo intervento anche per dire la mia su alcuni aspetti legati alla narcosi che ho letto negli ultimi interventi che sono stati fatti.

              L'esperienza non andrebbe misurata tanto sul numero d'immersioni ma sul numero di problemi affrontati.

              Questo è un paradosso che si genera per il fatto che le didattiche sono migliorate tantissimo ed i protocolli d'immersione sono diventati molto sicuri e a ciò si aggiunge anche attrezzature migliori.
              Applicando correttamente il protocollo d'immersione che si è imparato si evitano brutte situazioni.
              Ma ..... evitando brutte situazioni si perde la capacità di affrontare brutte situazioni.
              E' un circolo vizioso.
              Non dico che bisogna andare a cercare i problemi per fare esperienza e che le procedure di sicurezza non vanno bene, no assolutamente, ben vengano protocolli e procedure sicure.
              Ma ....
              i problemi avvengono è sempre e solo questione di tempo, quello che non è mai successo, può succedere ....
              Per cui è importantissimo confronti come quello che hai proposto sulle tue esperienze perché ci aiutano (tutti) a ragionare sui problemi e come risolverli, ed è questo lavoro, unito alla pratica, che setaccia nel subacqueo ciò che possiamo chiamare "vera esperienza".

              Secondo me, nei problemi che hai descritto, stai affrontando stati di narcosi che sfuggono al controllo (come altri ti hanno già detto).

              Per proseguire dobbiamo parlare un pochino di narcosi e di come si lega alla CO2 lo facciamo mettendo alcuni punti fissi, aspetti che ritengo siano certi ed oggettivi:

              - La frequenza del respiro (dove per frequenza intendo il tempo che per l'espiro e l'ispiro) dipende dal grado di acidità del sangue (PH basso), L'abbassarsi del Ph e quindi l'istaurarsi di un regime acido dipende dalla CO2 prodotta (la Co2, ricordo non la respiriamo ma la produciamo, è uno scarto del metabolismo che porta alla produzione di energia). Tanta CO2 viene prodotta, tanto il Ph del sangue si abbassa, tanto la nostra frequenza respiratoria sale.

              - La CO2, essendo poco solubile nella mielina (la guaina che riveste l'assone del neurone), ci si aspettava che non fosse molto narcotica ma nella realtà ha un potere narcotico circa 30 volte superiore a quanto ci si aspettava, proprio per il fatto che cambiando il Ph del sangue interferisce pesantemente sul sistema nervoso irritandolo.

              - La narcosi, non dipende solo dall'azoto ma anche dagli altri gas come O2 e CO2.

              - La narcosi colpisce tutti in egual modo, non c'è, non esiste adattamento - nessun subacqueo al mondo subisce in maniera minore l'effetto narcotico che è sempre presente in tutti, l'effetto narcotico è un effetto oggettivo legato ai gas che si disciolgono nella mielina del neurone.

              - Ciò che si considera adattamento non riduce l'effetto narcotico che come abbiamo detto è oggettivamente uguale per tutti, è solo una migliore gestione dello stress che porta ad avere una minore ritenzione di CO2.
              Se per tecnica, capacità, conoscenze, esperienza respiriamo in maniera corretta, evitiamo gli sforzi ergo produciamo meno CO2, subiamo comunque l'effetto narcotico (uguale a tutti gli altri) ma a questo non sommiamo il potere irritante del sistema nevoso della CO2.

              - Anche O2 è un gas molto narcotico, tanto che il vero limite dell'aria lo possiamo fissare proprio andando a considerare la Pp limite dell'O2 utilizzata, che in generale è 1,5 Bar quindi -61 metri circa, scendere oltre non è un problema tanto della tossicità (considerando che non ci stiamo per tempi lunghi e la curva di esposizione ce lo permetterebbe per una manciata di minuti) ma aumenta il pericolo legato alla narcosi proprio perché si somma l'effetto narcotico dell'eccesso di ossigeno.

              - L'aria è densa e pensante, in profondità aumenta il lavoro respiratorio.

              Ora se questi punti sono chiari (lo spero) e condivisi (se non condivisi mi aspetto di leggere il perché non vengono ritenuti veri) possiamo addentrarci nelle dinamiche.

              Nello yoga si dice, chi controlla il respiro controlla la mente, chi non controlla il respiro non controlla la mente.
              Ogni emozione positiva o negativa fa variare la frequenza con cui respiriamo.
              Il respiro risente di aspetti minimi, tanto che nello yoga un primo passo è riuscire ad osservare il proprio respiro senza variarlo, cosa non facile.
              Prova, o provate, a pensare a come stai respirando ora e ti accorgerai che come porti l'attenzione al tuo respiro questo varia, risente della tua attenzione.

              Quando si scende oltre i -45 metri la densità dell'aria ed il suo peso aumentano e con essi aumenta anche lo sforzo con cui ventiliamo.

              Lo sforzo maggiore tende ad abbassare la frequenza con cui ventiliamo, perché i muscoli della cassa toracica lavorano sotto sforzo, ma lavorando sotto sforzo producono maggiore CO2.

              La maggiore dose di CO2 si accumula nel sangue perché la frequenza con cui si respira si è abbassata dallo sforzo.

              La maggiore ritenzione di CO2 fa scattare lo stimolo del "nervo vago" che inizia ad aumentare la frequenza con cui si respira per compensare l'accumulo di CO2.

              Ma aumentare la frequenza quando si sta respirando una miscela più densa e pesante vuol dire impennare il lavoro dei muscoli della cassa toracica, i quali produrranno più CO2.

              L'aumento della frequenza si trasforma cosi (per il peso dell'aria) in una minore profondità del respiro, per profondità del respiro intendo l'estensione che va dal punto in cui abbiamo espirato al massimo al punto in cui inspiriamo al massimo, questa estensione si riduce perché per mantenere questa estensione massima ed ideale ad una frequenza maggiore il lavoro muscolare sarebbe improponibile (si avrebbero gli effetti di una iperventilazione sforzo maggiore ed aumento della frequenza cardiaca).

              La minore profondità del respiro porta ad una ritenzione maggiore di CO2 e con essa il circolo vizioso si alimenta, stimolando una maggiore frequenza, riducendo ulteriormente l'estensione e cosi via fino all'instaurarsi dell'affanno.

              Ma questo circolo vizioso non porta solo all'affanno, porta anche ad effetti dal peso importante che vanno ad amplificare la narcosi.
              La CO2 abbiamo visto irrita il sistema nervoso il quale è già stressato dall'effetto narcotico questi due aspetti sommati sono "detonanti" e possono portare al cosi detto "black out" del subacqueo dove non si perde conoscenza ma si rimane imbambolati incapaci di prendere decisioni.

              Ora affrontiamo la narcosi.

              Quando facciamo un'azione (qualsiasi dallo scrivere a compiere un gesto atletico) dobbiamo mediare tra due esigenze, il grado di precisione e la velocità di esecuzione.
              Se voglio scrivere in bella calligrafia avrò bisogno di un elevato grado di precisione ma questo riduce la velocità con cui scrivo.
              Al contrario se voglio scrivere velocemente devo rinunciare a parte della precisione nello scrivere accettando una calligrafia meno precisa.

              La narcosi da studi fatti è come se spostasse il cursore - dentro la nostra mente - tra queste due esigenze tutto in favore della precisione, ma cosi facendo non agiamo, rimaniamo li a ragionare, a ragionare, a ragionare ma senza agire o agendo in maniera via, via sempre più lenta fino a diventare troppo lenta o bloccarsi quando si va in "black out".

              Inoltre l'aumento della CO2 porta ad abbassare la capacità della corteccia celebrale nel controllare gli strati sottocorticali, immagina la nostra mente come un immensa scaffalatura di ripiani e cassetti, immagina la corteccia celebrale come il custode che apre e chiude a seconda del bisogno i vari cassetti contenenti ricordi abilità, nozioni, ecc.
              Immagina questo custode non più lucido ed i cassetti che si aprono random .....
              In poche parole aumenta la confusione del subacqueo e la sua capacità d'interpretare gli eventi che lo stanno cosi travolgendo.

              Ora metti tutto insieme:
              Il maggior sforzo solo per ventilare,
              l'aumento della CO2,
              L'interferenza sul sistema nervoso della CO2
              Un sistema nervoso già provato dalla narcosi sempre presente.

              A me non sembra cosi improbabile o strano provare le sensazioni che hai cosi descritto:
              Originariamente inviato da Barbara87 Visualizza il messaggio
              Non ho mai avuto particolari problemi, se non un'esperienza di affanno 4 immersioni fa, affiancavo un mio amico al suo esame per il tec50, con tanto di panico e risalita in superficie (per fortuna con sufficiente lucidità da continuare a respirare e quanto meno far uscire l'aria), successivamente ho fatto un'altra immersione sui 45m di profondità senza nessun problema.
              Sabato immersione su un relitto, profondità massima 50m, sono nuovamente andata in affanno, poi con il sostegno della mia buddy, sono riuscita a riprendere il controllo e terminare l'immersione con sufficiente tranquillità
              Segue seconda ed ultima parte.

              Cordialmente
              Rana

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              • #37
                Seconda ed ultima parte:

                Le immersioni non sono tutte uguali, spesso lo sono, ma non sempre.
                Non lo sono sempre perché cambia sia il contesto, sia le nostre condizioni psicofisiche.
                Questo è un aspetto che t'invito a valutare, dato che io non posso farlo per te.
                Tu scrivi: "affiancavo un mio amico al suo esame per il tec50"
                Per me già questo è un fattore sufficiente a caricare su di te stress sufficiente da giustificare quanto è avvenuto.
                Ovviamente la mia è una riflessione che sta a te valutare.
                Inoltre scrivi: "su un relitto, profondità massima 50m"
                Anche qui ci sono elementi emotivi per scatenare quello che hai descritto, per esempio com'era la visibilità, quanto avete pinneggiato, ti sentivi sicura o avvertivi tensione .....

                Non posso parlare delle tue esperienze ma posso parlarti delle mie che ho vissuto.
                Il mio primo e più forte attacco narcotico l'ho subito al lago (vado a memoria mi pare il lago di Garda) dopo anni che mi immergevo ed in cui non avevo mai avuto una simile esperienza.
                Quel giorno ero particolarmente carico di stress per motivi personali, mi immergo e ad una profondità -55 metri che consideravo ridicola rispetto a quanto facevo mi immergevo oltre -70 metri ebbi un "black aut" narcotico, sono sprofondato fino a -62 metri prima di riuscire ad afferrare uno spuntone di roccia nella parete e li sono rimasto fino a quando mi hanno soccorso.

                Come te avevo molte immersioni, come te non avevo mai avuto problemi (nel mio caso non è vero, i problemi li avevo avuti ma non cosi forti e li controllavo in qualche modo fosse anche confidando nella mia sfrontatezza, questo mi aveva inconsciamente reso sicuro di me), poi la facciata, forte, improvvisa, di quelle che ti possono far passare la voglia di andare sott'acqua.
                Ancora oggi non so se, fossi stato da solo, se riuscivo a risolvere quella situazione in autonomia, per fortuna avevo come compagno un subacqueo eccezionale, anche se pensando che mi stessi addormentando mi ha mollato due ceffoni sulla testa .....

                Con il senno del poi quell'immersione è stata uno sparti acque tra il subacqueo che ero (di cui non c'è da andare fiero) e quello che sono oggi più pragmatico e meno avventato.
                Questa esperienza mi ha spinto a capire che errori avevo fatto, a capire che nessuno è immune da questi problemi sia affanno che narcosi, che anche dopo 13 anni di attività dove mai si sono presentati ecco che arrivano.

                Soluzioni

                Prima di tutto accetta che questi problemi possono avvenire, se non vuoi che avvengano non immergerti mai sotto i -30 metri.
                Se vai profondo in aria metti in conto questi problemi.
                La consapevolezza che ti possono succedere questi problemi è il primo passo per non farli avvenire.
                Poi impara ad essere consapevole del modo con cui stai respirando, ora non scrivermi che lo sei, per favore se sei certa di esserlo buon per te ma sappi che se tu sei consapevole del modo in cui respiri difficilmente avresti avuto queste esperienze.
                Non sto dicendo che tu non controlli il respiro, probabilmente attui una tua respirazione ma non ti accorgi di quando questa varia ed è una cosa che può succedere a tutti soprattutto se la tua attenzione è rivolta verso altri aspetti dell'immersione.
                Ricorda inoltre che dopo i -40 metri ( la narcosi inizia dopo i -30 m. ma tra -30 e -40 diciamo che è minore, dopo i -40 inizia a spingere) sei in zona fortemente narcotica, che il tuo modo di ragionare (rapporto tra precisione ed azione) cambia, ricorda che se vai in affanno o se hai un principio di affanno hai caricato nel tuo corpo un eccesso di CO2 che non sei riuscita a scaricare correttamente (ergo respirazione variata ed inefficace dal punto di vista della corretta decarbonizzazione) e che questo eccesso ti causa anche degli effetti sul tuo sistema nervoso spingendoti verso la confusione.
                Consapevole di tutto questo.
                Mai fare pause in profondità respirando aria.
                Sincerati che nel modo in cui respiri ci sia una corretta estensione del respiro, ossia che sei in grado di inspirare ed espirare in maniera ampia e profonda garantendo cosi una corretta decarbonizzazione.
                Se l'ampiezza del respiro varia, sta aumentando di conseguenza la frequenza, fermati cerca di trovare le cause che stanno agendo su di te, fosse anche troppa attenzione verso l'esterno e poca attenzione verso il tuo corpo.
                Programma sempre l'immersione e ciò che vuoi fare, cercando di prevedere tempi corretti per ogni azione e cerca di rispettare la programmazione.
                Se non ci riesci interrompi perché qualcosa ti sta impedendo di tenere i corretti tempi in quello che fai e dato che sei in zona narcotica potresti essere preda di narcosi e per tanto devi interrompere e risalire.
                Valuta bene i ruoli che assumi nelle immersioni profonde perché alcuni ruoli come essere compagna di un esaminando al corso tec50 possono inconsciamente caricarti di una responsabilità elevata inconsciamente pretendendo forse troppo da te.
                In ultimo in ogni immersione devi divertirti, devi volerla, se un immersione l'avverti non divertente e magari non la senti nelle tue corde fermati o parlane con i tuoi compagni, non scendere con riserve dentro di te non condivise.

                Questi sono i miei spunti di riflessione, spero ti possano essere di aiuto.

                Cordialmente
                Rana

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                • #38
                  Io dico le mie esperienze.

                  Originariamente inviato da paolo55 Visualizza il messaggio
                  La narcosi ha mille sfaccettature, ti lusinga, ti fa stare bene, ti fa rilassare, rilassare, rilassare, ti fa stare bene...
                  Non ritengo che un subacqueo consapevole della narcosi si trovi in zona narcotica con sensazioni di benessere, rilassato e sta bene, ovviamente causa narcosi.
                  Bene e rilassato sono condizioni fisiche necessarie in zona narcosi, per non andare in ritenzione di CO2 ecc, ma a livello psicologico c'è la consapevolezza del pericolo che alza la necessaria attenzione.
                  Uno stato di benessere apparente e di rilassatezza mentale porta a non avvertire il pericolo potenziale della situazione - io l'ho riscontrato nei subacquei convinti che esista l'adattamento.
                  Subacquei convinti che loro non possano essere preda della narcosi perché adattati (e ce ne sono ancora convinti di ciò soprattutto se non hanno fatto un percorso formativo specifico ma si sono spinti a fare) sono soggetti al doppio dei pericoli, i pericoli della narcosi e il fatto che inconsapevoli di ciò si spingano in situazioni che potrebbero non essere più in grado di gestire.

                  Originariamente inviato da paolo55 Visualizza il messaggio
                  E quando stai troppo bene ti gioca brutti scherzi.
                  A tal proposito racconto un aneddoto dato che nella mia vita da subacquea ho passato anche questa fase in cui dentro di me pensavo di essere adattato e quindi di essere immune alla narcosi.
                  Immersione in gruppo capitanata dal un carissimo amico non che subacqueo, per me, eccezionale, si gira ci guarda, noi lo guardiamo eravamo a -58 metri, ci fa l'OK noi rispondiamo prontamente ok e poi ... inspiegabilmente segnale d'interrompere l'immersione e di risalire.
                  Fuori gli chiediamo come mai nonostante tutti stavamo bene ha interrotto l'immersione, rispose: proprio perché troppo pronti a segnalare che tutto andava bene
                  Di per se questo aneddoto non dice nulla ma segnala l'importanza del dubbio e dell'attenzione consapevole alla situazione nostra interna ed esterna.

                  Originariamente inviato da paolo55 Visualizza il messaggio
                  La regola e' non cercare il limite ma la natura umana va in direzione opposta e quando si e' in acqua si rischia di fare l'opposto esatto di quanto deciso a terra.
                  Soprattutto quando si va da soli e si e' abituati ad andare fondi.
                  E' vero quello che dici ma ..... in subacquei non formati.
                  Ossia subacquei che non hanno fatto un percorso didattico che li ha portati a misurarsi con questi problemi.
                  Per questo motivo sono un fautore e sostenitore dei corsi di immersione profonda in aria.
                  Nei corsi, ovviamente se fatti correttamente altrimenti nessun corso ha senso, si tocca con mani i problemi e si comprendono i limiti del fare.
                  Questo non vuol dire non spingersi a cercare un limite, inteso magari nella profondità o permanenza ma accettare ed essere consapevoli che fuori da determinati parametri lo spazio di manovra di riduce tantissimo e con esso la nostra capacità di risolvere situazioni di difficoltà.
                  Diverso è il subacqueo fai da te, delle immersioni profonde quello che si è formato andando sott'acqua mica leggendo fumetti.
                  Ecco questa categoria sono statisticamente pericolosi perché inconsapevoli dei reali limiti dell'immersione in aria ma soprattutto dei perché ci sono questi limiti.

                  In genere i subacquei che io ho incontrato che si muovono in solitaria, in aria e profondi sono consapevoli anche perché ...... da soli ed inconsapevoli per giunta in profondità e respirando aria si rischia veramente di non riemergere.

                  Originariamente inviato da TheFlash Visualizza il messaggio
                  Normalmente avverto la narcosi in due modi. Senso di oppressione e questo mi è capitato scendendo in "verticale" e non come al solito a testa in giù ed è scomparso non appena ho avuto un contatto visivo col fondale. Seconda opzione uno stato di angoscia latente che mi porta a risalire immediatamente.
                  Non ho mai provato nessuno sensazione di benessere particolare e nel caso me ne guarderei bene dal proseguire.
                  La sensazione di disagio o di oppressione è secondo me lo scattare a livello inconscio della "paura" innescata dalla situazione in cui ci si trova.
                  Ripeto siamo tutti soggetti a narcosi, e la narcosi condiziona il nostro comportamento, non è latente.
                  E' stato fatto un test di matematica ad un campione di subacquei non adattati e a subacquei adattati, entrambi i gruppi hanno commesso un analogo numero di errori, questo risultato indica che la narcosi c'è ed agisce su di noi anche se non avvertiamo la sua presenza ...
                  Poi sta alla nostra esperienza ed alla nostra consapevolezza capire che comunque la situazione anche se apparentemente sotto controllo è una situazione potenzialmente pericolosa.
                  Ed è in questa fase che scattano queste sensazioni.
                  Magari per la narcosi abbiamo un po di "lag" nel pensiero ma il nostro pensiero interno avverte e reagisce se riesce a riconoscere il pericolo perché allenato a capire queste situazioni.

                  In queste fasi - va tutto bene ed è qui il grande inganno della narcosi.

                  Si abbiamo sensazioni più o meno di angoscia, pericolo, ansia ...
                  Si perdiamo un po nel controllo della ventilazione, un principio di affanno che si gestisce ...

                  Ok, tutto bene ma queste non sono situazioni ingestibili o non devono portare a pensare che gestite queste circostanze tana libera tutti, tutto è sotto controllo.

                  La chiave di volta che può far crollare il castello sulle nostre teste è la CO2 - che non respiriamo ma produciamo.
                  Il problema vero della zona narcotica sono gli sforzi.

                  Gli sforzi fisici sono devastanti in zona narcotica respirando aria densa e pensante.

                  Devastanti perché non abbiamo la capacità di ventilare in funzione del reale fabbisogno di aria o della reale necessità di scaricare correttamente la CO2 perché come detto precedentemente l'aria è pesante e la ventilazione rallenta se non nella frequenza sicuramente nell'ampiezza.
                  Vado a memoria ma in un articolo medico si citava un dato (posso sbagliare le cifre ma il senso sono sicuro che è corretto) a -80 metri in aria 80% della nostra forza fisica viene assorbito dalla ventilazione.
                  L'accumulo di CO2 è un detonante non che un catalizzatore che amplifica la narcosi e nel contempo agisce anche come irritante del sistema nervoso.

                  Tutte le esperienze di "black auto" da quella che ho subito io a tutte quelle che ho visto succedere posso dire che il comune denominatore sono gli sforzi.

                  Quindi fino a quando tutto va bene, si possiamo avere cenni di narcosi e di affanno.
                  Ma se ci troviamo a dare assistenza ad un compagno che ha perso le pinne e che ci porta a fare sforzi per gestirlo e rimettere le pinne o riportarlo in parete o .... quello tutto quello che può succedere ....
                  Qui non c'è abilità ed esperienza che tengono, qui si rischia la vita in due, infortunato e soccorritore.

                  Questo è il vero scenario che a me spaventa perché una volta che si realizza non c'è santo che tenga chiunque rischia di andare in "black aut", fine dei giochi, puntino rosso sullo schermo nero che svanisce, "game over".

                  E nessuno può dar per certo di non trovarsi a dover fare sforzi, qui è importante la consapevolezza e l'esperienza, il saper intervenire consapevoli del contesto.
                  Fermati, Respira, pensa ed agisci.
                  Attuando strategie che non implichino sforzi fisici che nessuno in profondità ed in aria si può permettere.

                  Spingendomi a dire che i corsi di soccorso subacqueo sono inadatti a gestire soccorsi in zona narcotica proprio perché non considerano gli sforzi fisici.


                  Cordialmente
                  Rana


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                  • #39
                    Fermati respira pensa ed agisci va bene se sei a quote leggere. Se sono molto fondo ed intuisco problemi io preferisco alleggerire la profondita' risalendo di un po' di metri, pensare respirando ed a quel punto fare una sosta zen per vericare che tutto sia perfettamente sotto controllo.
                    Quasi sicuramente a quel punto saro' vicino al sommo dello scoglio isolato a cala molella dove mi succede di tutto e cerchero' di andare nella giusta direzione per ritrovare la barca.
                    Paolo
                    Paolo

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                    • #40
                      Originariamente inviato da paolo55 Visualizza il messaggio
                      Fermati respira pensa ed agisci va bene se sei a quote leggere. Se sono molto fondo ed intuisco problemi io preferisco alleggerire la profondita' risalendo di un po' di metri, pensare respirando ed a quel punto fare una sosta zen per vericare che tutto sia perfettamente sotto controllo.
                      Quasi sicuramente a quel punto saro' vicino al sommo dello scoglio isolato a cala molella dove mi succede di tutto e cerchero' di andare nella giusta direzione per ritrovare la barca.
                      Paolo
                      Giusto ...
                      ma se hai un compagno in "black aut" non puoi risalire senza di lui .....
                      E a questo punto ?

                      Fermati = riduci l'attività fisica ergo la produzione di CO2.

                      Respira = normalizza i parametri (scarica la CO2) evita che l'emozione alteri la ventilazione.

                      Pensa = Pensa a come intervenire sapendo di non avere a disposizione le forze fisiche che si hanno a quote non narcotiche.

                      Agisci = a questo punto fai, meglio fare qualcosa di non proprio corretto che non fare nulla.

                      Questo è l'unico modo che io conosco per approcciare in profondità ad un problema che non posso evitare semplicemente risalendo.

                      Ma condivido e confermo che potendo la prima operazione è quella di risalire, ripeto potendo farlo senza abbandonare il proprio compagno.


                      Rana

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                      • #41
                        @rana
                        Quella di un compagno in difficolta' e' una rogna colossale. L'obbligo morale e' evidente, ci sono altrettanti evidenti aspetti umani. Al ripetersi di situazioni surreali e senza nemmeno spingere con la profondita' mi sono capitate diverse disavventure che non intendo ripetere.
                        Sono ritornato alla conclusione che, a parte una strettisrima cerchia di familiari ed amici se voglio andare piu' fondo vado da solo che e' piu' rilassante.
                        Paolo
                        Paolo

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                        • #42
                          Originariamente inviato da paolo55 Visualizza il messaggio
                          @rana
                          Quella di un compagno in difficolta' e' una rogna colossale. L'obbligo morale e' evidente, ci sono altrettanti evidenti aspetti umani. Al ripetersi di situazioni surreali e senza nemmeno spingere con la profondita' mi sono capitate diverse disavventure che non intendo ripetere.
                          Sono ritornato alla conclusione che, a parte una strettisrima cerchia di familiari ed amici se voglio andare piu' fondo vado da solo che e' piu' rilassante.
                          Paolo
                          Paolo, cerchiamo di ragionare sui casi comuni, e non sulle immersioni estreme che vanno oltre ogni canone didattico.

                          Io sono sceso e scendo a volte anche oltre i -60 o -70 metri ma sono immersioni che faccio in solitaria a mio rischio e pericolo o con una cerchia molto ristretta di amici subacquei che reputo in grado di fare queste immersioni che sono di fatto azzardi.
                          Su questo la pensiamo uguale nel senso che preferisco dover preoccuparmi solo di me che di altri, anche perché a queste quote (diciamo oltre il lecito) non ci sono margini per aiutare un compagno, pertanto anche in coppia ci si trova da soli alle quote più profonde in aria.
                          Qui possiamo aprire una discussione infinita ma oltre i -70 metri pensare di riuscire a dare assistenza ad un compagno in difficoltà è pisciare contro vento e pensare di non bagnarsi.
                          Questo è il principale motivo per cui non è possibile fare didattica perché nessun istruttore in aria profonda oltre i -70 può garantire la sicurezza altrui - già tanto se si gestisce in autonomia.

                          Ma la realtà dell'immersione in aria profonda sono immersioni in coppia o piccoli gruppi che scendono a -50 metri o poco più e sviluppano l'immersione in risalita.
                          In questo contesto di deve prendere in esame la possibilità di prestare aiuto o di ricevere aiuto.
                          Ci sono i margini per farlo ma bisogna farlo consapevoli del contesto e dei problemi legati all'aria profonda.

                          I -50 metri sono una quota in cui in aria possono succedere tutte le dinamiche descritte e verificarsi gli scenari più difficili.
                          Se il subacqueo è consapevole ha più possibilità di mantenere la calma e di effettuare un azione più o meno orientata alla soluzione del problema.
                          Se il subacqueo non è consapevole rischia di precipitarsi in azioni che non solo non migliorano la situazione ma l'aggravano mettendo anche lui in difficoltà.

                          In questo contesto la formazione è importante e fa la differenza.


                          Rana

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                          • #43
                            Caro RANA, la batimetrica dei 50 e' quella oltre la quale ho subito problemi che voglio evitare.
                            A 70 e oltre ognuno per se' e Dio per tutti. Ho seguito mio figlio durante le sue esperienze giovanili senza proibirgli nulla fino quasi agli 80 ma e' stato stressante al punto che ho trovato rilassante fare le stesse immersioni da solo.
                            Con compagni occasionali che presentavano referenze e brevetti a fisarmonica un 50% e' sparito dalla circolazione gia' intorno ai 60. Inseguire problemi non e' nella mia natura e quindi va bene cosi'.
                            Sono troppo vecchio per cambiare abitudini.
                            Cordialmente
                            Paolo
                            Paolo

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                            • #44
                              Barbara87 il mio consiglio è semplicemente fare qualche immersione a quote modeste e incrementare la profondità gradualmente fino a riacquistare la fiducia e la serenità ma tutto questo non prima di aver fatto un severo e minuzioso controllo alle attrezzature. Scarica le bombole e per escludere una ricarica non eseguita a regola d'arte, verifica che l'erogatore funzioni a dovere e cerca di avere un setting più idrodinamico possibile. Il comandante Bucher (un'autorita per quanto riguarda le immersioni in aria) diceva che era fondamentale avere un erogatore molto efficiente. Oggi si dice che tutti gli erogatori vadano bene ma stranamente chi va fondo e ha provato i jetstream non è più tornato indietro.


                              Inviato dal mio SM-G970F utilizzando Tapatalk

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                              • #45
                                Originariamente inviato da TheFlash Visualizza il messaggio
                                Barbara87 il mio consiglio è semplicemente fare qualche immersione a quote modeste e incrementare la profondità gradualmente fino a riacquistare la fiducia e la serenità ma tutto questo non prima di aver fatto un severo e minuzioso controllo alle attrezzature. Scarica le bombole e per escludere una ricarica non eseguita a regola d'arte, verifica che l'erogatore funzioni a dovere e cerca di avere un setting più idrodinamico possibile. Il comandante Bucher (un'autorita per quanto riguarda le immersioni in aria) diceva che era fondamentale avere un erogatore molto efficiente. Oggi si dice che tutti gli erogatori vadano bene ma stranamente chi va fondo e ha provato i jetstream non è più tornato indietro.


                                Inviato dal mio SM-G970F utilizzando Tapatalk
                                Io sono al mio secondo set di Cyclon presi nuovi a giugno. Mai più con altri erogatori, ho provato in una immersione i Cressi (non ricordo il modello) e mi pareva di soffocare.
                                On-Shore Volunteer presso Sea Shepherd Italia

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