Ciao a tutti.
Scrivo questo post per raccontarvi una bellissima esperienza che ho vissuto la settimana scorsa. Infatti, assieme ad alcuni compagni di università e colleghi da altre parti d'Italia, ho partecipato alla Crociera Scientifica alle Maldive, organizzata da alcuni docenti universitari in collaborazione con Albatros top boat e a una onlus maldiviana (Save the beach Maldives). L'emozione è stata grande, anche perché è stato il mio primo viaggio fuori dall'Europa.
Siamo partiti il sabato pomeriggio, con uno scalo notturno a Doha, in Qatar: quando siamo scesi dall'aereo per la coincidenza il clima tropicale, dopo ore di aria condizionata, è stato un piccolo trauma. Appena il tempo di cambiare l'acqua al radiatore (23 anni e non sentirli...) e siamo corsi al gate per la seconda tratta. Dopo una notte insonne siamo atterrati a Male, la capitale delle Maldive, una delle città con la più alta densità abitativa al mondo... che però abbiamo avuto il tempo di visitare solo il sabato successivo durante la desaturazione in vista del volo di rientro. Una volta a bordo del Duca di York abbiamo compilato tutti i documenti di rito e ci siamo preparati alla check dive, che è stata anche la prima immersione "di lavoro" di questa crociera. Infatti il fine ultimo di questo viaggio non era quello di fare una vacanza, ma quello di imparare a raccogliere dati scientifici, portando anche avanti delle serie storiche iniziate oltre 30 anni fa.
Che dire, per me, che fino a quel momento avevo sì e no tre immersioni registrate dopo il corso Open, la check dive è stata una piccola avventura. L'acqua caldissima (il mio computer segnava 31°C) almeno ci ha evitato di battere le brocchette come da noi a Portofino in questo periodo. Stendere la bindella lunga 50 m sul reef senza fare danni e rimanendo sulla batimetrica dei 5 metri, dove risacca e corrente si fanno sentire, acchiappare la lavagnetta che essendo positiva fluttuava sempre sulla mia schiena, osservare il substrato ogni mezzo metro e scrivere sulla lavagnetta senza perdere l'assetto sono state tutte attività che inizialmente mi hanno mandato un po' in crisi. Fortunatamente Irene, una ricercatrice italiana che lavora alle Maldive ormai da qualche anno, mi stava sempre vicina, pronta ad aiutarmi al momento del bisogno. I giorni seguenti sono stati piuttosto intensi: sveglia alle sei, un caffè di corsa e poi subito il briefing per la prima immersione della giornata, poi colazione e seconda immersione, pranzo e terza immersione, senza trascurare di copiare i dati su carta e al computer, preparare le lavagnette e compilare i nostri preziosi logbook.
In tutto in una settimana abbiamo fatto 17 immersioni, delle quali 10 di lavoro e 7 ricreative, mentre i professori che avevamo con noi hanno lavorato praticamente sempre.
In questo viaggio abbiamo visto situazioni molto diverse: reef in condizioni mediocri come quello della check dive (Kuda Bandos), reef molto belli anche se parzialmente sbiancati (Gangehi Oceanic Reef), altri ancora in crisi dopo il fenomeno di sbiancamento del 2016 (Madivaru Finolhu), ormai praticamente una distesa di rubble e sabbia. I segni del quarto fenomeno globale di sbiancamento dei coralli, previsto dal NOAA per quest'anno, sono evidenti. Stupefacenti i coralli neri a profondità da Open, tra l'altro una parte di questi era nel periodo riproduttivo e piena di gameti pronti a essere emessi. Tanto pesce, i miei preferiti erano gli idoli moreschi, ma abbiamo avvistato anche parecchi squali, tra i (s)quali un paio di grandi nutrice che sonnecchiavano in un anfratto, e diverse tartarughe. Non ho avuto la fortuna di vedere aquile di mare, in compenso, durante la semplice immersione notturna che abbiamo effettuato, abbiamo visto tre mante che hanno girato intorno ai fasci di luce delle nostre torce per una quarantina di minuti.
Infine vorrei fare qualche riflessione sugli aspetti più tecnici.
Fare così tante immersioni in poco tempo, delle quali parecchie lavorando, è stato molto istruttivo, i cambiamenti ho potuto percepirli sull'assetto ma soprattutto sul manometro. Mi sono reso conto che mi stavo immergendo con almeno uno o due chili di troppo quando mi si è aperta la cintura e due chili su quattro si sono sfilati: anche se in sosta di sicurezza dovevo stare con i polmoni mezzo vuoti e con il GAV a ventosa, non ho pallonato. I guanti della Seac da 2mm che ho utilizzato non si sono dimostrati all'altezza della situazione, a fine settimana si sono aperti in più punti, ed erano praticamente nuovi. Ho imparato che la corrente può essere tanto divertente quando puoi decidere a che quota stare e puoi lasciarti trascinare, quanto impestata quando devi fare un transetto di 100 m andata e ritorno, così che andando in una direzione devi pinneggiare a tutta forza mentre fai i tuoi conteggi e nell'altra non fai in tempo a scrivere che ti ritrovi svariati metri più in là di dove vorresti, per poi dover ripercorrere altri 50m contro corrente e riavvolgere la bindella, possibilmente evitando di farsi legare come salami.
Ora non vedo l'ora di tornare a immergermi nel caro Mediterraneo, anche per vedere se i miglioramenti che ho percepito nelle mie capacità persistono anche qui.
Come ultima cosa, vi invito a visitare il sito o le pagine social di "Save the beach Maldives". Questa organizzazione sta portando avanti progetti di monitoraggio e restauro dei reef, azioni di divulgazione scientifica a beneficio della popolazione maldiviana e anche un progetto per introdurre la raccolta differenziata in questo paese, ancora privo di un vero sistema di raccolta dei rifiuti. Pensate che la maggior parte della spazzatura prodotta nella capitale e sulle isole, quando non viene gettata direttamente a terra o in mare, viene imbarcata e trasportata su un'isola trasformata in discarica, dove periodicamente viene incendiata per ridurne il volume: l'unica raccolta differenziata dei rifiuti riciclabili in molte isole è gestita da questa organizzazione benefica.
Scrivo questo post per raccontarvi una bellissima esperienza che ho vissuto la settimana scorsa. Infatti, assieme ad alcuni compagni di università e colleghi da altre parti d'Italia, ho partecipato alla Crociera Scientifica alle Maldive, organizzata da alcuni docenti universitari in collaborazione con Albatros top boat e a una onlus maldiviana (Save the beach Maldives). L'emozione è stata grande, anche perché è stato il mio primo viaggio fuori dall'Europa.
Siamo partiti il sabato pomeriggio, con uno scalo notturno a Doha, in Qatar: quando siamo scesi dall'aereo per la coincidenza il clima tropicale, dopo ore di aria condizionata, è stato un piccolo trauma. Appena il tempo di cambiare l'acqua al radiatore (23 anni e non sentirli...) e siamo corsi al gate per la seconda tratta. Dopo una notte insonne siamo atterrati a Male, la capitale delle Maldive, una delle città con la più alta densità abitativa al mondo... che però abbiamo avuto il tempo di visitare solo il sabato successivo durante la desaturazione in vista del volo di rientro. Una volta a bordo del Duca di York abbiamo compilato tutti i documenti di rito e ci siamo preparati alla check dive, che è stata anche la prima immersione "di lavoro" di questa crociera. Infatti il fine ultimo di questo viaggio non era quello di fare una vacanza, ma quello di imparare a raccogliere dati scientifici, portando anche avanti delle serie storiche iniziate oltre 30 anni fa.
Che dire, per me, che fino a quel momento avevo sì e no tre immersioni registrate dopo il corso Open, la check dive è stata una piccola avventura. L'acqua caldissima (il mio computer segnava 31°C) almeno ci ha evitato di battere le brocchette come da noi a Portofino in questo periodo. Stendere la bindella lunga 50 m sul reef senza fare danni e rimanendo sulla batimetrica dei 5 metri, dove risacca e corrente si fanno sentire, acchiappare la lavagnetta che essendo positiva fluttuava sempre sulla mia schiena, osservare il substrato ogni mezzo metro e scrivere sulla lavagnetta senza perdere l'assetto sono state tutte attività che inizialmente mi hanno mandato un po' in crisi. Fortunatamente Irene, una ricercatrice italiana che lavora alle Maldive ormai da qualche anno, mi stava sempre vicina, pronta ad aiutarmi al momento del bisogno. I giorni seguenti sono stati piuttosto intensi: sveglia alle sei, un caffè di corsa e poi subito il briefing per la prima immersione della giornata, poi colazione e seconda immersione, pranzo e terza immersione, senza trascurare di copiare i dati su carta e al computer, preparare le lavagnette e compilare i nostri preziosi logbook.
In tutto in una settimana abbiamo fatto 17 immersioni, delle quali 10 di lavoro e 7 ricreative, mentre i professori che avevamo con noi hanno lavorato praticamente sempre.
In questo viaggio abbiamo visto situazioni molto diverse: reef in condizioni mediocri come quello della check dive (Kuda Bandos), reef molto belli anche se parzialmente sbiancati (Gangehi Oceanic Reef), altri ancora in crisi dopo il fenomeno di sbiancamento del 2016 (Madivaru Finolhu), ormai praticamente una distesa di rubble e sabbia. I segni del quarto fenomeno globale di sbiancamento dei coralli, previsto dal NOAA per quest'anno, sono evidenti. Stupefacenti i coralli neri a profondità da Open, tra l'altro una parte di questi era nel periodo riproduttivo e piena di gameti pronti a essere emessi. Tanto pesce, i miei preferiti erano gli idoli moreschi, ma abbiamo avvistato anche parecchi squali, tra i (s)quali un paio di grandi nutrice che sonnecchiavano in un anfratto, e diverse tartarughe. Non ho avuto la fortuna di vedere aquile di mare, in compenso, durante la semplice immersione notturna che abbiamo effettuato, abbiamo visto tre mante che hanno girato intorno ai fasci di luce delle nostre torce per una quarantina di minuti.
Infine vorrei fare qualche riflessione sugli aspetti più tecnici.
Fare così tante immersioni in poco tempo, delle quali parecchie lavorando, è stato molto istruttivo, i cambiamenti ho potuto percepirli sull'assetto ma soprattutto sul manometro. Mi sono reso conto che mi stavo immergendo con almeno uno o due chili di troppo quando mi si è aperta la cintura e due chili su quattro si sono sfilati: anche se in sosta di sicurezza dovevo stare con i polmoni mezzo vuoti e con il GAV a ventosa, non ho pallonato. I guanti della Seac da 2mm che ho utilizzato non si sono dimostrati all'altezza della situazione, a fine settimana si sono aperti in più punti, ed erano praticamente nuovi. Ho imparato che la corrente può essere tanto divertente quando puoi decidere a che quota stare e puoi lasciarti trascinare, quanto impestata quando devi fare un transetto di 100 m andata e ritorno, così che andando in una direzione devi pinneggiare a tutta forza mentre fai i tuoi conteggi e nell'altra non fai in tempo a scrivere che ti ritrovi svariati metri più in là di dove vorresti, per poi dover ripercorrere altri 50m contro corrente e riavvolgere la bindella, possibilmente evitando di farsi legare come salami.
Ora non vedo l'ora di tornare a immergermi nel caro Mediterraneo, anche per vedere se i miglioramenti che ho percepito nelle mie capacità persistono anche qui.
Come ultima cosa, vi invito a visitare il sito o le pagine social di "Save the beach Maldives". Questa organizzazione sta portando avanti progetti di monitoraggio e restauro dei reef, azioni di divulgazione scientifica a beneficio della popolazione maldiviana e anche un progetto per introdurre la raccolta differenziata in questo paese, ancora privo di un vero sistema di raccolta dei rifiuti. Pensate che la maggior parte della spazzatura prodotta nella capitale e sulle isole, quando non viene gettata direttamente a terra o in mare, viene imbarcata e trasportata su un'isola trasformata in discarica, dove periodicamente viene incendiata per ridurne il volume: l'unica raccolta differenziata dei rifiuti riciclabili in molte isole è gestita da questa organizzazione benefica.