Premetto che non so se e' la sezione giusta ma nel caso qualche pia creatura, Nello, pensera' a venirmi incontro.
Il rebreather e' un sistema ancora abbastanza nuovo e, come tale, poco conosciuto e ritenuto poco affidabile talvolta come avviene con tutto quello di cui ignoriamo il funzionamento nel dettaglio in un ambiente che sempre e comunque non e' il nostro. Ma detto cio', in diversi stati viene utilizzato gia' da qualche tempo a scopi scientifici per le caratteristiche uniche rispetto al circuito aperto. Questo avviene in America ma anche in alcuni stati d'Europa mentre in Italia ho visto che e' qualcosa che tende ad avere una partenza abbastanza lenta se non per collaborazioni internazionali o scopi documentaristici o scopi privati. Probabilmente perche' i subacquei di scienza sono professori oltre il mezzo secolo che tendono a prediligere le buone e vecchie bombole e forse anche l'aria come gas di fondo piuttosto che buttarsi in qualcosa di nuovo e/o innovativo.
Ora la mia domanda/argomento di discussione e': secondo voi e secondo le vostre conoscenze di scienza (definizione che ora lascio volutamente come molto varia e libera ad "interpretazioni") e di rebreather/immersioni che vanno diciamo tra i 30/40 metri fino ai 100/150 metri, quanto farebbe la differenza l'uomo nell'approccio scientifico sul campo rispetto all'utilizzo di mezzi tecnologici (i.e. ROV...)? Tenendo in considerazione anche fattori come: fattibilita', flessibilita', costi e accuratezza.
Giuditta
Il rebreather e' un sistema ancora abbastanza nuovo e, come tale, poco conosciuto e ritenuto poco affidabile talvolta come avviene con tutto quello di cui ignoriamo il funzionamento nel dettaglio in un ambiente che sempre e comunque non e' il nostro. Ma detto cio', in diversi stati viene utilizzato gia' da qualche tempo a scopi scientifici per le caratteristiche uniche rispetto al circuito aperto. Questo avviene in America ma anche in alcuni stati d'Europa mentre in Italia ho visto che e' qualcosa che tende ad avere una partenza abbastanza lenta se non per collaborazioni internazionali o scopi documentaristici o scopi privati. Probabilmente perche' i subacquei di scienza sono professori oltre il mezzo secolo che tendono a prediligere le buone e vecchie bombole e forse anche l'aria come gas di fondo piuttosto che buttarsi in qualcosa di nuovo e/o innovativo.
Ora la mia domanda/argomento di discussione e': secondo voi e secondo le vostre conoscenze di scienza (definizione che ora lascio volutamente come molto varia e libera ad "interpretazioni") e di rebreather/immersioni che vanno diciamo tra i 30/40 metri fino ai 100/150 metri, quanto farebbe la differenza l'uomo nell'approccio scientifico sul campo rispetto all'utilizzo di mezzi tecnologici (i.e. ROV...)? Tenendo in considerazione anche fattori come: fattibilita', flessibilita', costi e accuratezza.
Giuditta
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