Gestione del rischio in immersione

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    Pubblico un interessante articolo sulla gestione della sicurezza. Voi che ne pensate? So che l'argomento é stato già discusso più e più volte, ma ultimamente anche in occasione di episodi che mi sono capitati recentemente, ci ho pensato spesso.

    http://www.ocean4future.org/archives/14553

    Inviato dal mio TRT-LX1 utilizzando Tapatalk


  • #2
    Praticamente è quello che ti insegnano nel Rescue. Penso comunque che non esiste uno sport senza una totale assenza di rischio e quindi, in ogni attività svolta è importante metterci la testa per poter ridurre al minimo le conseguenze e purtroppo portare i rischi a zero è impossibile ma questo riguarda la quotidianità.

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    • #3
      Ciao, è il motivo per cui sono sempre stato critico sui brevetti facili facili perchè si ha la possiblità di innescare la catena degli eventi che ti porta all'incidente. Il rischio c'è in qualsiasi cosa tu quotidianamente faccia, come attraversare una strada, andare in bicicletta o per funghi in collina.
      cordialità
      Turbosub

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      • #4
        Cari amici,

        ho letto l’articolo citato da Crazysub: e, come al solito in questi casi, mi ha spinto a fare alcune considerazioni.

        Tutti noi, ma proprio tutti, commettiamo errori. Il guaio è che spesso non ce ne accorgiamo nemmeno (specie quando non hanno conseguenze significative o da noi stessi percepibili), e quando ce ne accorgiamo non sempre li comprendiamo, o non ne comprendiamo la causa, il meccanismo scatenante, per cui continuiamo a commetterli.

        L’errore è tipico dell’essere umano; giungerei perfino a dire che una macchina, sia essa un dispositivo meccanico sia esso un dispositivo elettronico o anche semplicemente un software, non sbaglia mai. Estremizzando, potrei giungere a dire che se un dispositivo si rompe, o malfunziona, si può essere ragionevolmente sicuri che ciò è avvenuto in seguito ad un errore di progettazione, o di costruzione, o di manutenzione, oppure è stato usato impropriamente. L’unica cosa che possiamo realmente fare, è ridurre al minimo il numero di errori che commettiamo, quindi, ridurremo al minimo il rischio connesso alla nostra attività (di per sé, il rischio non si può mai ridurre a zero).

        I primi studi per capire il meccanismo con il quale si verificano gli errori vennero fatti se ricordo bene nella seconda metà del ventesimo secolo, e partono da una classificazione del comportamento umano, analizzata da un certo Rasmussen, che propose il cosiddetto modello skill-rule-knowledge (SRK):

        Skill-based behaviour: È il comportamento di routine basato su abilità apprese per le quali l’impegno cognitivo è bassissimo ed il ragionamento è inconsapevole, automatico (es, aprire una porta girando la maniglia).
        Rule-based behaviour: In questo caso, il comportamento è guidato da regole di cui la persona dispone per eseguire compiti noti (prima di aprire quella determinata porta bisogna inserire una combinazione nel tastierino accanto alla maniglia-serratura).
        Knowledge-based behaviour: È il comportamento da mettere in atto quando ci si trovi di fronte a situazioni nuove o impreviste, cioè non conosciute o non ancora sperimentate, per le quali non esistono o non sono previste regole o procedure di riferimento (immetto la combinazione sul tastierino, giro la maniglia e la porta non si apre).

        Basandosi su questo modello si possono distinguere tre tipi principali di errore umano:
        1. Errore lapse: vuoto di memoria: è un errore di esecuzione provocato da una dimenticanza.
        2. Errore slip: dimenticanza o sbaglio involontario: è un errore di esecuzione che si verifica a livello di abilità.
        3. Errore mistake: si fanno le cose sbagliate: l’errore non viene commesso durante la realizzazione, la messa in pratica, l’esecuzione del piano d’azione prestabilite; in questo caso le azioni vengono svolte come pianificate, ma ci sono altri problemi che portano all’errore: l’errore in questo caso risiede nella pianificazione. Gli errori appartenenti a questa tipologia (Mistake) possono essere di due tipi:
          1. Rule-based: si mettono in atto dei comportamenti, prescritti da regole o procedure che non permettono il conseguimento di quel determinato obiettivo in una particolare circostanza (cioè, le regole o procedure applicate sono in realtà sbagliate o inadeguate, o non sono valide per quel particolare contesto)
          2. Knowledge-based: si tratta di comportamenti messi in atto quando ci si trova davanti ad una situazione sconosciuta e si deve attuare un piano per superarla. In questo caso è il piano stesso ad essere sbagliato, anche se le azioni compiute per metterlo in pratica siano eseguite in modo corretto. In questo caso, la causa è una conoscenza non sufficientemente approfondita della materia da parte del soggetto che commette l’errore.
        Capire se un nostro errore è di tipo mistake, slip o lapse è molto importante poiché ci mette nella condizione di decidere cosa fare per evitare di ripetere lo stesso errore in una situazione simile. (Ad esempio, se è un errore tipo lapse posso utilizzare accorgimenti quali un elenco scritto di verifiche da fare, spuntandole una ad una in modo da evitare dimenticanze, o ripassare spesso le linee guida che regolano le procedure; se è un mistake tipo Rule-based posso confrontarmi con colleghi esperti per verificare la appropriatezza delle procedure da applicare, se è un Mistake tipo knowledge-based posso cercare di studiare e rendermi padrone della materia relativa alla attività che svolgo in modo da avere una solida base culturale che mi aiuti nelle situazioni imprevedibili).

        E’ poi interessante notare come gli errori si verifichino spesso perché si vuole accelerare il completamento di un processo prendendo, si potrebbe dire, una scorciatoia; in questi casi entra in gioco l’inesperienza o la eccessiva fiducia nelle proprie capacità.

        Altri due studiosi, Reason e Norman hanno poi descritto vari tipi dei cosiddetti slips; gli slips avvengono prevalentemente quando noi dobbiamo uscire fuori da un comportamento routinario, ed i comportamenti automatici prendono la precedenza sui processi intenzionali (o, si potrebbe dire, sotto controllo dell’attenzione), oppure quando comportamenti automatici vengono interrotti, di solito a causa di eventi esterni o informazioni esterne (ma a volte anche interne, come pensieri o concatenazioni di pensieri che distraggono o assorbono la mente del soggetto).

        In tutto questo, Reason nella sua classificazione tiene anche conto delle violazioni, che sono tutte quelle azioni che vengono eseguite anche se ciò è formalmente impedito da un regolamento, direttiva ecc.(ed in questo caso entra in gioco una eccessiva confidenza nella propria esperienza o capacità).

        Volendo fare alcuni esempi di errore che possono capitare nell’immersione subacquea, io immaginerei questi:
        1. Durante la preparazione all’immersione, che prevede l’ingresso in una piccola grotta, il sub, novizio, dimentica di verificare il manometro: Errore Lapse.
        2. Durante il check pre-immersione, il suo buddy verificando il manometro rileva che l’indicatore è puntato verso destra ma, non considerando per la fretta che il manometro del compagno è rovesciato, pensa che sia nella posizione giusta per indicare la bombola piena: Errore Slip.
        3. Durante la immersione, il sub, benchè consapevole di essere un novizio, entra lo stesso nella piccola grotta per ammirare il gioco dei colori dei coralli: questa è una Violazione.
        4. Mentre è nella grotta, il sub non riceve più aria e cerca di uscire velocemente, sollevando sedimenti che gli impediscono di trovare la via d’uscita: questo è un Mistake tipo knowledge-based (un Mistake tipo rule-based potrebbe essere in questo esempio la pianificazione di immersione in grotta di un gruppo di subacquei che comprende un soggetto senza la necessaria esperienza).

        Il richiamo che l’autore dell’articolo fa alla US Navy Risk Matrix in realtà non è altro che la universalmente conosciuta e generalizzata matrice di rischio, che serve appunto alla valutazione del rischio in ogni ambito, dalla Finanza alla Sanità alla costruzione di una casa, alla pianificazione di una immersione, ecc.); nulla viene però detto circa la cosiddetta percezione del rischio (che varia da individuo ad individuo, e dipende anche da stato d’animo, esperienze, conoscenze, ecc) e può essere anche molto diversa dal rischio reale oggettivo (tipicamente, molti hanno paura di andare in aereo ma guidano tranquillamente la macchina, benchè in realtà viaggiare in automobile sia assai più pericoloso di viaggiare in aereo, e questo perchè la infrequente notizia di un aereo che precipita causando decine di morti fa più impressione delle centinaia di incidenti stradali mortali alla cui enumerazione siamo abituati).

        Inoltre la matrice di rischio andrebbe costruita per ogni evento, per ogni elemento del processo che si vuole considerare, conoscendo per ognuno di essi la probabilità che si verifichi e la portata delle possibili conseguenze, tenendo conto anche degli elementi collaterali che possono ridurne – o accrescerne- l’impatto nei vari contesti in cui si può realizzare.

        Sempre Reason propose un modello di analisi degli errori e degli incidenti che prese il nome di Swiss Cheese Model cioè modello del formaggio svizzero (noto anche come teoria degli errori latenti) a causa della sua rappresentazione che richiama alla mente le fette del formaggio Gruyèrè, piene di buchi:
        [IMG]file:///C:/Users/Marco/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/01/clip_image002.png[/IMG]

        Il modello presuppone che il verificarsi dell’evento avverso non dipenda da un singolo errore, ma da una sequenza di errori, attivi –azioni sbagliate- od omissivi –insufficiente controllo- commessi da una o più persone o gruppi di persone, e ciò che lo rende particolarmente utile è che obbliga alla ricerca delle condizioni latenti all’interno della sequenza causale degli eventi: e sotto l’etichetta di condizioni latenti sono individuabili una serie di diversi tipi di prestazione umana.

        Nell’esempio che ho prima riportato si nota come una sequenza di singoli elementi, che presi uno per uno sarebbero stati insufficienti a creare una situazione di pericolo insuperabile e nello stesso tempo facilmente evitabili, hanno portato una situazione di pericolo (immersione subacquea si deve considerare una situazione di pericolo in quanto presenta rischi) a concretizzare il Rischio (possibilità che si verifichi un evento avverso).

        Un Caro Saluto

        Marco

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