Immersione senza usare il GAV una volta fatta la discesa

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  • Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
    3) Lo scopo della pausa è eliminare CO2, non controllare l'assetto, nè "risparmiare aria". Quando uno impara a "sentire" la CO2 (e con l'ARO si impara proprio questo) uno adegua istintivamente il ciclo respiratorio alla quantità di CO2 da smaltire, e quindi la pausa si allunga o si accorcia da sola, senza pensarci. E si', sotto i 50 metri di fatto scompare.
    Non ho mai pensato leggendo i tuoi scritti che fai la pausa per consumare meno o per controllare l'assetto (a dire il vero per controllare l'assetto in alcuni passaggi lo hai scritto ma ho capito lo spirito con cui lo hai scritto).
    Mi è ben chiaro che tu fai la pausa per smaltire la CO2.
    Detto questo è qui che non condivido, per me in profondità respirando aria, in circuito aperto la pausa non ti aiuta a smaltire la CO2 ma al contrario ti manda in ritenzione.

    Detto questo sul percepire la CO2 mi fermo, perché non ho capito cosa intendi, e, per tanto non so capire cosa intendi quando dici che la pausa si adegua da sola allungandosi o accorciandosi.

    Mi pare di capire che a -50 metri non la fai più - probabilmente perché si accorcia cosi tanto da non essere fatta più.

    Ammetto di non avere gli strumenti per capire quello che mi stai dicendo e per tanto sospendo il giudizio, che non vuol dire che non mi interessa quello che scrivi, dico che non ho le competenze ne per avallarlo ne per criticarlo.

    Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
    Certo se uno non "sente" la CO2, e fà la pausa "a comando", contando i secondi e "tenendo duro", rischia davvero l'ipercapnia...
    Assolutamente d'accordo con te.

    Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
    E' per quello che abbiamo smesso di insegnarla: gli allievi vedono l'istruttore (sporattutto mia moglie) che non respira mai, cercano di fare uguale e vanno in ipercapnia.
    Io non ho mai creduto alle capacità dell'istruttore tali che non possono essere trasmesse.
    Penso che se un qualcosa funziona e da risultati apprezzabili, l'esperienza collettiva la porta ad emergere sul mare infinito di tutte le vari prove e tentativi, e convinzioni che esistono.
    Pertanto se la pausa avesse un valore effettivo, provato e certo, l'esperienza collettiva lo avrebbe sicuramente messo in evidenza.
    Purtroppo cosi non è l'esperienza collettiva ha scartato questa opzione.
    Ammettiamo anche che questo "virtuosismo" apporti vantaggi, ma se non è trasmissibile, se dipende molto dalla predisposizione dell'individuo, se per arrivare ad un risultato apprezzabile richiede anni di tirocinio e se a fronte di tutto questo i rischi di un errata esecuzione sono evidenti possiamo anche dire che il gioco non vale la candela.
    Io non ho elementi di giudizio per dire che non ha effetti positivi la pausa, anche se sono convinto che la pausa aumenta la CO2, ma ammesso che sia cosi i vantaggi asseriti non hanno compensato il contesto difficile che ne impedisce la trasmissione allievo / istruttore, in modo certo e senza pericoli e questo è già di per se una buona motivazione per non farla.

    Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
    Ma fra istruttori se ne può discutere.
    Assolutamente si, ci mancherebbe tanto che apprezzo la nostra piccola discussione, questo piccolo "duello" intellettuale in cui ci confrontiamo, al di la delle posizioni penso che tu mi stai offrendo tanti spunti di riflessione.

    Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
    Rimane il fatto che, se non hai lo "strumento" che ti dice quando è il punto di convenienza fra continuare la pausa e ventilare, non la regolerai mai giusta. E siccome uno strumento elettronico per fare ciò ancora non l'hanno inventato, ed il nostro sensore naturale di CO2 richiede anni di training per venire portato dall'inconscio al conscio, allora meglio lasciare perdere la tecnica.
    Io insegno apnea, insegno a riconoscere le fasi dell'apnea, penso, magari con presunzione che so riconoscerle quando vado io in apnea, so prepararla, capire come decarbonizzare, e non iperventilare, sentire il battito diminuire se si decarbonizza correttamente ecc, ecc.
    Sono sostenitore che l'apnea non può essere strumentale ma va percepita, capita ...
    Il filo delle nostre percezioni è proprio la CO2.
    Premesso questo io, con le bombole in profondità mi rilasso, sento il respiro, so come devo averlo e mi accorgo quando varia, modifico la respirazione ma tutto senza dover fare pause, a volte le faccio ma sono momenti non sono pause sistematiche nel ventilare.

    Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
    Che comunque non era per tutti, anche al tempo delll'ARO c'era chi non riusciva proprio a "sentire" la CO2 e facilmente andava in ipercapnia, perdendo i sensi.
    Ok questo l'ho capito.

    Cordialmente
    Rana

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    • Beh, se facendo apnea la sensibilità alla CO2 l'hai sviluppata, e dunque "la senti", allora puoi verificare tu stesso quando e quanto la pausa serve, e quando è controproducente...
      A bassa profondità e facendo poco sforzo risulta conveniente (nel senso di eliminare più CO2) una pausa anche lunghetta, mentre scendendo più profondi e/o aumentando lo sforzo, il punto di convenienza anticipa progressivamente, e ad un certo punto scompare.
      Ma guarda che stiamo dicendo quasi la stessa cosa, visto che già tu "senti" la CO2 ed adatti il tuo ciclo respiratorio in modo automatico...

      Sul discorso che il gioco non vale la candela, siamo d'accordo al 100%. Infatti fui uno di quelli che, pur usandola, decise che non era (più) il caso di insegnarla agli allievi, soprattutto non nei corsi "Club Vacanze".
      Ma sull'evoluzione della didattica adattata al Club Vacanze il mio maestro fu Bertieri, appunto.
      Ed il mitico Uako, forse ancor più di Gianni Bertieri!
      Ultima modifica di AngeloFarina; 11-03-2020, 20:44.

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      • Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
        Beh, se facendo apnea la sensibilità alla CO2 l'hai sviluppata, e dunque "la senti", allora puoi verificare tu stesso quando e quanto la pausa serve, e quando è controproducente...
        A bassa profondità e facendo poco sforzo risulta conveniente (nel senso di eliminare più CO2) una pausa anche lunghetta, mentre scendendo più profondi e/o aumentando lo sforzo, il punto di convenienza anticipa progressivamente, e ad un certo punto scompare.
        Ma guarda che stiamo dicendo quasi la stessa cosa, visto che già tu "senti" la CO2 ed adatti il tuo ciclo respiratorio in modo automatico...

        Sul discorso che il gioco non vale la candela, siamo d'accordo al 100%. Infatti fui uno di quelli che, pur usandola, decise che non era (più) il caso di insegnarla agli allievi, soprattutto non nei corsi "Club Vacanze".
        Ma sull'evoluzione della didattica adattata al Club Vacanze il mio maestro fu Bertieri, appunto.
        Ed il mitico Uako, forse ancor più di Gianni Bertieri!
        Caro Angelo, la notte porta consiglio

        Questo tuo ultimo messaggio è stato per me illuminante.

        Sono convinto anch'io che in fondo stiamo dicendo la stessa cosa, probabilmente il problema nasce dal fatto che abbiamo esperienze differenti che hanno portato ai medesimi risultati, ma i percorsi differenti ci impediscono di "capirci" - come dire: io e te abbiamo attuato quello che dal punto di vista della "paleontologia" viene definito "convergenza evolutiva"

        Un aspetto che mi ha allontanato tantissimo da quello che cercavi di spiegarmi è stata l'affermazione che la "pausa" riduce la CO2.
        Questa affermazione ha polarizzato la mia attenzione ed ho perso di vista tutto il resto, mettendomi in una situazione di contrapposizione a quanto mi hai detto.

        La pausa è, per me, dal punto di vista della maggiore o minore ritenzione di CO2, l'equivalente del sacchetto per le persone ansiose che perdono il controllo sulla ventilazione ed iniziano ad iperventilare in maniera incontrollata.
        Per evitare che l'iperventilazione incontrollata riduca eccessivamente la CO2 nel sangue e causi una perdita di coscienza "ipocapnica" (noi abbiamo bisogno della CO2 ci è necessaria al fine di permettere all'emoglobina di rilasciare l'O2 solo che il suo livello nel sangue non deve salire troppo ma non deve neanche scendere troppo) - respirano dentro un sacchetto immette nuovamente nei polmoni parte della CO2 espulsa e questo evita la crisi ipocapnica.

        I polmoni se non facciamo pause sono un magazzino aperto, un'aria di transitano merci in entrata = O2 e merci in uscita = CO2, nel momento in cui vengono "fermati" - in cui la dinamica si ferma, diventano un magazzino di stoccaggio chiuso in cui le merci non possono più ne entrare ne uscire, la CO2 si accumula, l'O2 viene consumato dal metabolismo, una sale la CO2 l'altra decresce l'O2.
        Da qui la similitudine "sacchetto per ansiosi".

        Ma una cosa non mi convinceva, perché una persona che si presenta come una persona molto preparata afferma cosa che per me appaiono cosi distanti ?
        Sto sbagliando ?, sto correndo su binari rigidi dettati da convinzioni che s'ingessando in punti di principio ?

        Cosi ho attinto dentro di me all'esperienza di quando sono sott'acqua, e devo ammettere che non sono stato corretto con te, che ho dichiarato cose (anche se in buona fede) non proprio corrette.
        Anch'io vado in pausa, una pausa diversa da quella che fai tu almeno cosi mi appariva fino a quando non hai scritto due cose:

        La prima:
        Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
        E si', sotto i 50 metri di fatto scompare
        Questo mi ha colpito perché ammetti di fatto quello che io dico, in profondità (in aria profonda) non puoi andare in pausa per il fatto che ti troveresti ad attuare una manovra "sacchetto per ansiosi".

        La seconda:
        Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
        A bassa profondità e facendo poco sforzo risulta conveniente (nel senso di eliminare più CO2) una pausa anche lunghetta, mentre scendendo più profondi e/o aumentando lo sforzo, il punto di convenienza anticipa progressivamente, e ad un certo punto scompare.
        E qui mi si è accesa la "lampadina" e .... e ... si anch'io faccio la pausa a bassa profondità, non è una pausa "contata" - come hai detto tu non mi metto a contare il tempo, non la faccio per risparmiare aria, mi viene semplicemente e naturalmente spontanea.

        Perché ?

        Perché a bassa profondità sono in una condizione di minimo stress fisico, in una condizione di benessere, in cui non faccio sforzi neanche per respirare, l'aria non è densa.
        In queste condizioni io non sento il bisogno di "respirare" o meglio la CO2 nel mio metabolismo è minima, perché minimo è il lavoro metabolico, non ho la necessità di togliere un eccesso perché non c'è un eccesso da smaltire.

        In queste condizioni se io attuo semplicemente la mia tecnica - per "mia tecnica" intendo quando ti ho descritto che io rallento la ventilazione, o meglio inspiro ed espiro molto lentamente senza andare in pausa - dovrei rallentare cosi tanto che sarebbe una respirazione che nello Yoga viene chiamata "in uggiai" ossia andando a controllare la zona dell'epiglottide creando una strozzatura al fine di estendere sia l'inspiro che l'espiro.

        Questo è un esercizio di respirazione molto interessante ma fuori dall'acqua, in immersione diventerebbe uno stillicidio, un inutile cesello di tecnica fine a se stessa.

        Io ho una velocità minima con cui ventilo sotto la quale dovrei sforzarmi e se mi sforzo fine dei vantaggi.
        Se sono in una condizione di basso stress questa lunghezza minima è troppo corta per seguire dei tempi fisiologici legati alla produzione di CO2 più lunghi (perché sono in una condizione di basso stress, rilassato ecc, ecc).

        Questo porta inevitabilmente ed in maniera naturale ad andare in pausa, soprattutto dopo l'inspiro a polmoni pieni, ma a volte anche (questo quando si è in condizioni di perfetta assenza di stress fisico) dopo l'espiro a polmoni vuoti, va da se che la pausa a polmoni pieni e decisamente più lunga ed anche più presente di quella a polmoni vuoti.

        Negli esercizi di respirazione questo discorso trova il suo culmine in quella che viene chiamata respirazione "quadrata".
        Inspiro per un tempo x > pausa per un tempo x > espiro per un tempo x > pausa per un tempo x ed il ciclo di quattro tempi si ripete.

        Ovviamente a mano a mano che attivo il mio corpo, che sale lo stress, ossia che metto in atto risposte agli stresso che l'ambiente mi pone, il mio metabolismo aumenta la produzione di CO2.
        L'alzarsi della CO2 spinge la ventilazione ad una maggiore attività.
        Come dire attenzione le merci devono "viaggiare" più velocemente.

        La frequenza sale, la pausa si riduce perché non siamo più in condizioni di equilibrio ma c'è un surplus di CO2 che prima non c'era e che non può stazionare neanche nel magazzino (i polmoni).
        Questo si avverte perché naturalmente sentiamo la pausa via via accorciarsi.

        In profondità, oltre -40 metri la densità dell'aria, lo stress di dover anche semplicemente respirare, non dico muoversi, innalza la presenza della CO2 a livelli in cui non c'è spazio per una pausa ma si lavora con la lunghezza dell'inspiro e dell'espiro.
        Un atto completo (per atto completo intendo inspiro/espiro) ma soprattutto profondo - in queste condizioni - ha una durata che copre ampiamente le necessità, non è più "corto" rispetto alla produzione di CO2.
        La pausa scompare e non va fatta.

        Tenendo presente che ad un convegno si è parlato (vado a memoria ed i dati possono non essere esatti ma il senso si) che a -80 metri in aria si impiega più del 70% della forza fisica solo per respirare.

        Ora spero di essermi spiegato, penso che alla luce di questo confronto io e te siamo più simili nei fatti di quello che esprimiamo a parole.

        Cordialmente
        Rana
        Ultima modifica di RANA; 12-03-2020, 10:23.

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        • Esatto.
          Tu, come me, e come penso tutti i subacquei con tante ore in immersione, "senti" la CO2 e ventili solo quando e quanto necessario.
          E' tutto li'...
          Io ci sono arrivato passando dall'ARO, ove si parte con pause di 30 secondi almeno, se no muori, e passando all'aria le devi ridurre (tanto più quanto scendi e quanto fatichi).
          Tu ci sei arrivato partendo dall'estremo opposto, l'apnea. Ma il risultato è lo stesso, se ci pensi bene.
          Ultima cosa: io di immersioni profonde non ne faccio più da un sacco di tempo, le ultime furono a Natale 1989-Capadanno 1990, a Portofino/San Fruttuoso.
          Io e mia moglie facemmo le vacanze di Natale al mare, due settimane favolose. Al mattino il nostro piccolo Zodiac era coperto di brina, avevamo delle semplici mute umide da 5mm, ma ci siamo divertiti un sacco. Al ritorno mia moglie era incinta, e li' cambio' tutto...
          LI' ci andavamo ancora giù pesi, usavamo i nostri due bibo Aralu (che possediamo ancora, ma mai più usati), col GAV e un sacco di piombo (noi abbiamo i vecchi Aralu 170bar, che erano leggerissimi - in quello di mia moglie, che non usa la cintura, c'era un peso da 4kg inserito nel fondello), immersioni fuori curva fra i 50 e 60 metri. Si poteva ancora andare a Cala dell'Oro ed alla secca di Punta Chiappa...
          Dopo solo immersioni a bassisisma profondità in Sardegna (Tavolara, Capo Caccia), no deco, 30m max.
          Non ho mai fatto immersioni profonde senza GAV; tecnica che trovo molto utile per immersioni "light", ma per immersioni davvero impegnative secondo me il GAV (piccolo, posteriore e fissato allo schenalino, non un jacket) è meglio averlo.
          E vedo che anche i moderni subacquei tecnici l'han capita, smettendo di usare quegli enormi jacket avvolgenti e pieni di tasche, e passando a sistemi meno ingombranti, con cinghiaccio tradizionale e schienalino (o backplate metallico, che col suo peso evita di dover usare la cintura dei pesi) ed una piccola "wing" completamente posteriore, magari del tipo "auto-squeeze" che da sgonfia praticamente scompare.

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          • L'uso dell'ARO rimane fondamentale per capire la respirazione. Non dimenticando che se si respirava velocemente tramite il filtro di calce sodata, il filtro si scaldava troppo e non filtrava più bene. Quindi, nel sacco ti trovavi troppa CO2.
            Per chi lo usava davvero in mare l'altro trucco riguardava i lavaggi che se fatti in un certo modo ti permettevano di avere una miscela adatta a profondità non ortodosse… Era pericoloso. ma in ambito militare avevano imparato a farlo per necessità.
            L'ARO era assolutamente propedeutico per imparare tante cose, un po' come il latino a scuola, e chi lo ha usato ne è ancora affascinato.
            Croce, nel vero senso della parola, e delizia durante i corsi

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            • Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
              Esatto.
              Mi fa molto piacere essermi chiarito con te e questo nostro confronto trovo che sia stato una delle discussioni più belle che mi siano capitate.
              Grazie

              Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
              Ultima cosa: io di immersioni profonde non ne faccio più da un sacco di tempo, le ultime furono a Natale 1989-Capadanno 1990, a Portofino/San Fruttuoso.
              Io e mia moglie facemmo le vacanze di Natale al mare, due settimane favolose. Al mattino il nostro piccolo Zodiac era coperto di brina, avevamo delle semplici mute umide da 5mm, ma ci siamo divertiti un sacco. Al ritorno mia moglie era incinta, e li' cambio' tutto...
              LI' ci andavamo ancora giù pesi, usavamo i nostri due bibo Aralu (che possediamo ancora, ma mai più usati), col GAV e un sacco di piombo (noi abbiamo i vecchi Aralu 170bar, che erano leggerissimi - in quello di mia moglie, che non usa la cintura, c'era un peso da 4kg inserito nel fondello), immersioni fuori curva fra i 50 e 60 metri. Si poteva ancora andare a Cala dell'Oro ed alla secca di Punta Chiappa...


              Ma come ..... ..... non vi siete più immersi nell'area protetta del parco marino del promontorio di Portofino ?

              Io ho iniziato a far subacquea nel 1994.
              Quindi le mie prime immersioni sono avvenute a pochi anni di distanza dalle vostre (1989 / 1990).
              Il promontorio di Portofino è sempre stato bello, l'ho amato e lo amo tantissimo ma nei primi anni della mia attività era "povero" di pesci, io ricordo che quando vedevamo una piccola cernia quasi festeggiavamo.
              Poi hanno istituito l'area protetta.
              Il promontorio è rinato, oggi non c'è immersione dove non vedi le cernie e che cernie grosse come bambini ma non solo persino banchi di barracuda sono diventati stanziali, e poi corvine, saraghi di ogni genere, castagnole, gronghi, murene, dentici, salpe, occhiate, palle di sardine ecc, ecc, ecc.
              Insomma se la tua ultima esperienza li è stata nel 1990 - oggi rimarresti positivamente impressionato per come è diventato quel posto.
              Questo dimostra che tutelare l'ambiente è possibile e paga ....

              Per questo ho iniziato con un tono stupito per il fatto che dal 1990 non siete più venuti nel promontorio, ora se avrete l'occasione di ritornarci e non me lo fai sapere, ti tiro il collo .... a te e anche a tua moglie anche se armata di frusta......
              Per me sarebbe una gioia fare la tua conoscenza e magari condividere un immersione insieme.

              Cala dell'oro mi pare che sia ancora riserva integrale pertanto non si possono fare neanche le immersioni, la secca di punta Chiappa penso che ti riferisci all'Isuela ed al suo piccolo gemellino attaccato che si trova non eccessivamente distante dall'immersione conosciuta come la "grotta dei gamberi" sempre a punta Chiappa.
              Posti meravigliosi, l'Isuela, Cala dell'Oro, ma anche la secca Gonzati (detta anche Carega) vicino a San Fruttuoso, la punta del Faro di Portofino ecc, ecc, sono tutti posti stupendi.

              Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
              Dopo solo immersioni a bassisisma profondità in Sardegna (Tavolara, Capo Caccia), no deco, 30m max.
              Non hai bisogno di provocare altra invidia ....

              Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
              Non ho mai fatto immersioni profonde senza GAV; tecnica che trovo molto utile per immersioni "light", ma per immersioni davvero impegnative secondo me il GAV (piccolo, posteriore e fissato allo schenalino, non un jacket) è meglio averlo.
              Ho spinto la tecnica senza gav anche in immersioni molto profonde lo ammetto.
              Il perché si è legato al desiderio di provare la tecnica al limite se non oltre, ma anche al fatto che mi sentivo sicuro, sapevo di poterlo fare e l'ho fatto.

              Premesso questo condivido in pieno quello che hai detto.

              La tecnica "no gav" trova nell'ambito ricreativo il suo terreno ideale, sicuramente non è una tecnica per "profondisti" - ne un modo per fare immersioni "estreme" - non amo e non voglio che la tecnica "No Gav" sia vista come la nuova frontiera dei "fuori di testa".

              E' una tecnica con precisi limiti, che se attuata correttamente nel corretto contesto (profondità tempo) è divertente e sicura.
              Come tutte le cose se usate impropriamente può diventare pericolosa.

              Chi vuole immergersi profondo ha bisogno di un gav ma anche e soprattutto di esperienza, conoscenze attrezzature adatte consapevolezza dei limiti dell'aria, capacità di controllo e .

              Approvo e confermo questo messaggio

              Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
              E vedo che anche i moderni subacquei tecnici l'han capita, smettendo di usare quegli enormi jacket avvolgenti e pieni di tasche, e passando a sistemi meno ingombranti, con cinghiaccio tradizionale e schienalino (o backplate metallico, che col suo peso evita di dover usare la cintura dei pesi) ed una piccola "wing" completamente posteriore, magari del tipo "auto-squeeze" che da sgonfia praticamente scompare.
              L'immersione profonda ha cambiato pelle tante volte.
              Non è più solo una questione di gav.
              Sicuramente il compensatore è diventato componente essenziale e talmente importante da avere la necessità di avere una ridondanza (ridondanza costituita dalla muta stagna).
              L'immersione profonda oggi non è più svolta in aria, l'aria profonda è una nicchia dell'attività molto limitata anche e soprattutto nei tempi, oggi chi va profondo usa miscele contenente elio.
              Il circuito aperto è diventato obsoleto se si parla d'immersioni a tre cifre (oltre i -100 metri) l'ormai quasi totalità di queste immersioni oggi sono svolte per mezzo del "rebreather" (evoluzione tecnologica dell'A.R.O.).
              Insomma non è solo una questione di gav si - gav no.

              Personalmente ritengo che la profondità in se non sia un parametro in grado di definire la difficoltà effettiva di un immersione.
              Per esempio a me in aria - più che la profondità spaventa la permanenza in profondità.
              Mi spiego, ho fatto discese anche a -80 metri in se sembrano cose folli, ma in realtà la permanenza era brevissima.
              A me spaventa molto di più un subacqueo che afferma di passare più di 20 minuti consecutivi tutti a profondità intorno a -50 metri respirando aria che in tuffo con una picchiata a -80 metri di breve durata in termini di permanenza.

              La permanenza si fa respirando trimix, l'elio cambia radicalmente, un subacqueo che respira elio in profondità è operativo non solo molto più presente ma riesce a fare permanenze che in aria sarebbero folli se non impossibili.

              Insomma dietro un immersione profonda ci dovrebbero essere conoscenze, esperienza, tecnica, attrezzature, e corretta pianificazione sotto ogni aspetto.
              Comprendi anche tu che non è sicuramente il contesto in cui si adatta una tecnica esy come il "No Gav" ma non basta neanche dire ho un buon gav tecnico.

              Cordialmente
              Rana




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              • Eh, parli di cose che per me e mia moglie ormai sono "out"...
                Bisogna arrendersi al passare degli anni, e rivedere i propri limiti di conseguenza.
                Spero solo di riuscire a continuare ancora per qualche anno a fare piccole pocciatine in pochi metri d'acqua, facili e divertenti.
                I nostri figli ormai sono grandi (30 e 25), faranno le loro scelte e la loro strada.
                Raimondo Bucher e sua moglie Luciana Civico hanno continuato ad immergersi anche dopo gli 80 anni, ed a profondità di tutto rispetto, in aria oltre gli 80 metri...
                Ma noi non siamo come loro, ci siamo autolimitati a 30, ed invecchiando certamente il limite scenderà ancora.
                In compenso, più passano gli anni, più torniamo a metodi semplici e minimalisti. Ti dico, mia moglie non ha più usato la muta dal 1995...

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                • Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
                  Eh, ...
                  Va bene dai .... , se capiti dalle parti del promontorio nulla vieta d'incontrarci
                  Male che vada ci prendiamo una birra insieme


                  Rana

                  Commenta


                  • Originariamente inviato da RANA Visualizza il messaggio

                    Va bene dai .... , se capiti dalle parti del promontorio nulla vieta d'incontrarci
                    Male che vada ci prendiamo una birra insieme


                    Rana
                    Comunque mi fa molto piacere che alla fine ci siamo intesi su tutto.
                    Per Portofino, mi piacerebbe tornarci la prossima estate.
                    Soprattutto se riesco ad avere l'autorizzazione a fare un campionamento acustico a Cala dell'Oro.
                    Dopo 30 anni che non ci si immerge nessuno, deve essere da sballo, e li' se ben ricordo la grotta a zampa di gallina finiva sui 30m, profondità ancora raggiungibile...
                    La' avevamo messo sul fondale la famosa targa ricordo della Parmasub. Sarebbe proprio il punto giusto per piazzare la mia sonda idrofonica e lasciarla a registrare per 24h, poi il giorno dopo la si recupera.
                    Pensa che concerto di gracchiare di aragoste deve esserci, me lo ricordo dalle ultime volte che ci sono stato, ti avvicinavi alla parete e loro cominciavano a gracchiare...
                    In altre aree marine protette mi han lasciato condurre la sperimentazione senza fare troppe storie, a Portofino non mi han neanche mai risposto.
                    Tu mica conosci qualcuno li' ???
                    Se mi trovi lo sgamo per andarci, poi ovviamente prendo su anche te come guida sub...

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                    • Originariamente inviato da Palve Visualizza il messaggio
                      Per chi lo usava davvero in mare l'altro trucco riguardava i lavaggi che se fatti in un certo modo ti permettevano di avere una miscela adatta a profondità non ortodosse… Era pericoloso. ma in ambito militare avevano imparato a farlo per necessità.[17]:
                      Vedo che ricordi bene. Nell'estate (luglio) 1979 io e mia moglie facemmo una settimana all'isola d'Elba, a Lacona, in campeggio (bungalows). Ci portammo due ARO, 4 bombolini di ossigeno e due ricambi di calce sodata, e ce la godemmo un sacco facendo con essi le immersioni pomeridiane.
                      Lavavamo il sacco ma entravamo in contatto con esso coi polmoni pieni d'aria. In questo modo, invece di poterlo usare da 0 a 6m, il range di profondità sicure si sposta da 6m (minimo) a 12m (massimo).
                      Che goduta librarsi senza peso e senza alcun rumore, stando immobili, a circa 10m di profondità. I pesci venivano vicino senza aver paura! Alcune delle più belle immersioni della nostra vita.
                      Prima l'avevamo sempre usato in modo canonico, cioe' in ossigeno praticamente puro, ma mia moglie aveva fatto un paio di uscite a Camogli con i carabineri sommozzatori di Genova, e fra loro c'era un ex incursore che le aveva spiegato la tecnica, e cosi' l'abbiamo voluta provare.

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                      • Ho iniziato ad usare l ARO quando il limite era 2.0 ...
                        poi via via l hanno diminuito. So di incursori che sono andati ben più profondi

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                        • Originariamente inviato da Palve Visualizza il messaggio
                          Ho iniziato ad usare l ARO quando il limite era 2.0 ...
                          poi via via l hanno diminuito. So di incursori che sono andati ben più profondi
                          Infatti i nostri brevetti abilitavano all'uso dell'ARO sino a 10 metri (ppO2=2bar)...

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                          • Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
                            Soprattutto se riesco ad avere l'autorizzazione a fare un campionamento acustico a Cala dell'Oro.
                            Dopo 30 anni che non ci si immerge nessuno, deve essere da sballo, e li' se ben ricordo la grotta a zampa di gallina finiva sui 30m, profondità ancora raggiungibile...
                            La' avevamo messo sul fondale la famosa targa ricordo della Parmasub. Sarebbe proprio il punto giusto per piazzare la mia sonda idrofonica e lasciarla a registrare per 24h, poi il giorno dopo la si recupera.
                            Pensa che concerto di gracchiare di aragoste deve esserci, me lo ricordo dalle ultime volte che ci sono stato, ti avvicinavi alla parete e loro cominciavano a gracchiare...
                            In altre aree marine protette mi han lasciato condurre la sperimentazione senza fare troppe storie, a Portofino non mi han neanche mai risposto.
                            Tu mica conosci qualcuno li' ???
                            Ciao Angelo,
                            purtroppo non conosco nessuno direttamente dell'ente parco, detto questo so che tutti i campionamenti biologici e controlli sono affidati ai ricercatori all'acquario di Genova, penso che più che l'ente parco varrebbe la pena coinvolgere nel tuo progetto l'acquario di Genova.
                            Io conosco il titolare del diving di Santa Margherita ligure dove noi ci appoggiamo - che è lui stesso un biologo - penso che lui abbia dei contatti o potrebbe indirizzarti al meglio.
                            Se vuoi ti do i riferimenti in privato.

                            L'ente parco ammetto che è diciamo "complesso" in misura non giustificata ma è cosi, penso che l'acquario di Genova sia più recettivo verso iniziative come le tue, con il loro avallo sicuramente le difficoltà scompaiono.

                            Cordialmente
                            Rana


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                            • Originariamente inviato da RANA Visualizza il messaggio
                              Ciao Angelo,
                              purtroppo non conosco nessuno direttamente dell'ente parco,
                              Io collaboro da tempo con l'Università di Genova. Qui vedi un recente articolo fatto assieme a loro:
                              http://www.angelofarina.it/Public/Pa...CSV25-2018.pdf
                              Con l'acquario non ho mai avuto contatti, e penso neanche loro. Noi siamo ingegneri e ci occupiamo di rumore subacqueo, purtroppo abbiamo pochi contatti coi biologi marini, che sono molto gelosi delle loro competenze...

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                              • Originariamente inviato da Palve Visualizza il messaggio
                                Per chi lo usava davvero in mare l'altro trucco riguardava i lavaggi che se fatti in un certo modo ti permettevano di avere una miscela adatta a profondità non ortodosse… Era pericoloso. ma in ambito militare avevano imparato a farlo per necessità.
                                L'argomento è interessantissimo.

                                Per chi non conoscesse l'ARO provo a far comprendere di cosa si sta discutendo.

                                L'ARO è un semplicissimo rebrether, fu il primo sistema autonomo di respirazione subacquea, prima ancora dell'ARA.
                                Mutuato dai respiratori ad ossigeno che si usavano nelle miniere non è altro che un sacchetto in cui si inspira ed espira.

                                Prendete un sacchetto, fate in modo di far aderire alla bocca l'apertura e mettetevi a respirarci dentro (OVVIAMENTE NON FATELO E' PERICOLOSISSIMO).
                                In che situazione vi verreste a trovare ?
                                Il sacchetto vi farebbe respirare l'aria che già avete usato nei polmoni, ed ogni espiro si gonfia, ad ogni inspiro si sgonfia, accumulando la CO2 prodotta dal metabolismo, che prende il posto dell'O2 dell'aria che via, via viene consumato dal metabolismo (che produce cosi CO2), ad un certo punto la miscela diventa non più respirabile perché non c'è più ossigeno.

                                Per risolvere questi problemi è stato messo dentro al sacchetto un cestello di calce sodata che chimicamente lega a se la CO2 togliendola di mezzo, ma anche cosi non basta, perché anche se nel sacchetto togliamo la CO2 rimane il fatto che l'ossigeno è destinato ad esaurirsi.
                                Cosi è stato inserito anche un tubicino con una valvola azionabile a mano, che collegato ad una bombola di O2 permette di integrare l'ossigeno consumato dal metabolismo.

                                Questo è l'ARO e l'uso è relativamente "facile" (facile ma non privo di pericoli) il sacco in cui respiriamo tende a svuotarsi, perché l'ossigeno immesso viene trasformato dal metabolismo in CO2, la CO2 si fissa nei grani di calce sodata del cestello, ad un certo punto non rimane più nulla dentro il sacchetto, quindi quando inspirando si percepisce che il sacchetto che collassa eccessivamente si carica nuovo O2 con l'apposita valvola chiamata "bypass".

                                C'è un altro gas che fa la sua comparsa, voi direte impossibile, nella bombola abbiamo solo O2, produciamo CO2 perché bruciamo O2, com'è possibile che nel sacchetto finisca un altro gas ?
                                Respirando O2 al 100% nell'alveolo crolla a zero la pressione parziale di N2, l'azoto contenuto nell'aria, inoltre l'O2 al 100% innesca l'apertura della famosa finestra dell'ossigeno.
                                Tutto questo fa si che noi desaturiamo azoto che esce dal sacco ma rimane e si accumula dato che il filtro di calce sodata ferma solo la CO2.
                                Con il tempo, causa l'accumulo di azoto desaturato dal corpo stesso, si ha la necessità di mettere in atto una manovra detta "lavaggio" del sacco, ossia si inspirano i gas (o2 + N2) contenuti nel sacco ma non li rimandiamo dentro con il successivo espiro, tramite il famoso rubinetto a tre vie posto sul boccaglio lo rilasciamo fuori dal sacco disperdendolo, cosi facendo collassiamo il sacco, per poi ricaricarlo nuovamente, tramite il "bypass" con ossigeno puro.
                                In questo modo si elimina l'inerte che desaturiamo dal corpo per il solo fatto di respirare O2 al 100%.

                                Il limite dell'ARO sta nel fatto che ci espone a iperossia pertanto, dato che nell'ARO c'è O2 al 100% la pressione assoluta coincide con la pressione parziale dell'O2 respirato, è facile superare i limiti di sicurezza.

                                Normalmente, nel periodo in cui io ho fatto io il corso ARO il limite era fissato a 1,8 Bar di Pp di O2 potevamo scendere solo fino a -8 metri.

                                C'è una manovra molto azzardata che in teoria permette di estendere di alcuni metri la profondità massima operativa.
                                Questa manovra consiste nel non fare il lavaggio del sacco, lasciare accumulare azoto che cosi taglie la frazione di ossigeno riducendo di conseguenza la Pp.

                                Questa manovra è potenzialmente "letale".

                                Iniziamo con il dire che l'A.R.O. non ha sensori - lavora in O2 puro.
                                Non ci sono tabelle legate al rilascio di azoto, quindi i lavaggi sono fatti ad intervalli di tempo prudenziali, in poche parole non si hanno dati per valutare quanto azoto c'è nel sacco e di conseguenza stimare la miscela che stiamo respirando.
                                Io ritengo che l'accumulo di azoto nel sacco sia una frazione molto ma molto marginale e di fatto non ha un grande effetto sulla miscela che di fatto rimane iperossica, considerando che si continua a svuotare e che noi immettiamo O2

                                Apparentemente funziona, con l'A.R.O. "molti" - alcuni non tutti sono riemersi - sono scesi a quote molto profonde se consideriamo che stiamo respirando O2% - per molto profonde intendo che c'è chi è arrivato anche oltre -15 / -18 metri .... i sommergibilisti nella seconda guerra mondiale ed i famosi incursori per esempio quelli della XMas, chi "guidavano" i siluri a lenta corsa chiamati (maiali) si sono trovati anche a -30 metri se non di più ma li la mortalità non era un problema.
                                Lo stesso Luigi Ferraro - medaglia d'oro al valor militare - fondatore della mitica Tecnisub fabbrica di attrezzature con quel bellissimo logo che ritraeva un compasso con il pesce - usava l'ARO nelle sue incursioni.

                                Confidando solo nel non fare il lavaggio del sacco, non consideriamo altri aspetti, e, quanto con l'ARO andiamo oltre la Pp consigliata che oggi è prudenzialmente 1,5 Bar ergo -5 metri, ci esponiamo ad un grande pericolo.
                                Comprendo che se da -5 andiamo a -8 metri va bene anche qualcosa in più ma se sforiamo pesantemente oltre i 10 metri ergo oltre i 2 Bar di Pp di ossigeno a salvarci non è, per mio conto, il fatto di non fare i lavaggi ma altri aspetti che per fortuna assistono chi usa l'aro.
                                Purtroppo non assistono chi usa il rebreather a forte profondità - e prima che si mettessero in evidenza questi aspetti tanti ci hanno "lasciato" nell'usare il rebreather.

                                La "fortuna" di chi usa l'aro è ben descritta in queste parole:
                                Originariamente inviato da AngeloFarina Visualizza il messaggio
                                Nell'estate ..... io e mia moglie facemmo una settimana all'isola d'Elba, a Lacona, in campeggio (bungalows). Ci portammo due ARO, 4 bombolini di ossigeno e due ricambi di calce sodata, e ce la godemmo un sacco facendo con essi le immersioni pomeridiane.
                                L'ARO usato in questo modo è riposante, sono immersioni semplici con un bassissimo stress, siamo rilassati, in condizioni perfette, luminosità, temperatura calda, riposati, bassa profondità, semplice piacere di stare sott'acqua, partendo da buone condizioni fisiche.

                                Fine prima parte - se vi ho annoiato non continuate.
                                Ultima modifica di RANA; 13-03-2020, 12:17.

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